Rita Ciampichetti – 11 novembre San Martino “Festa dei cornuti” o “Festa dei becchi”

2021/11/11, Vergato – 11 Novembre… “A San Martino ogni mosto diventa vino”

La sera dell’11 novembre nella nostra famiglia era una ricorrenza speciale.

Come già ricordato in un precedente post, per mio suocero Gino era l’attesa e tradizionale occasione per assaggiare il suo vino novello, prodotto con l’uva del pergolato di casa, assieme ad una abbondante padellata di caldarroste. Purtroppo era un momento denso di tensione perché, forse per la posizione solare non troppo felice dei bersò, il risultato finale era un vino talmente brusco, ma talmente brusco da risultare imbevibile.

La sera di San Martino, noi tutti intorno alla tavola intenti a sbucciare le caldarroste immersi nel caldo della cucina, aspettavamo che Gino salisse dalla cantina con un caraffa di vetro piena di un liquido giallognolo un po’ torbido. Soddisfatto, guardava contro la luce del lampadario il recipiente appannato per il cambio di temperatura e diceva: “Oh adès sénten comm le vgnò st’an!!!” e facendo il giro ne versava un po’ nei diversi bicchieri.

E noi, lì per lì inventavamo qualsiasi scusa per averne il meno possibile: “Bâsta!! Bâsta!!!”… “Såul on did c’am và sóbbit a la tèsta” , “Un puctèn såul par sénter” “Ven e frusà sicûr brusor al ståmmg!!” Lui, dopo averlo sentito a sua volta, schioccava la lingua e diceva: “Insàmma, né brisa pròpri spezièl, ma l’è genuen …’d cà nostra.. e con un puctein ‘d zoccher…”.

Quel lontano 11 novembre del 1976 fu una serata doppiamente speciale, perché mentre mangiavo le caldarroste e bevevo solo un dito del famoso vino nostrano, non penso a causa di questo nonostante il ph da acido solforico, iniziarono anche le doglie del parto ed in fretta ed in furia, dopo essere andati a prelevare la mitica ostetrica Natalina Giovannini, la cicogna vergatese, partimmo alla volta di Bologna.L’anno prima era nata all’ospedale di Vergato la mia primogenita Francesca, ma subito dopo era stata soppressa la maternità e quindi, mentre io riversa sul sedile ero in preda a doglie sempre più ravvicinate, mio marito quella sera guidò come un forsennato per la Porrettana per raggiungere quanto prima la Maternità di Via d’Azeglio, lo storico Ospedale dei Bastardini.

Come qualcuno constaterà è da circa quei 45 anni che un pezzetto alla volta l’ospedale di Vergato viene depauperato di qualche servizio, ma non è questo l’oggetto dell’argomento. Laura nacque senza problemi alla velocità della luce a cavallo della mezzanotte ed in sala parto ci fu un momento di indecisione perché i vari orologi, non essendo sincronizzati, indicavano orari diversi anche se per pochi minuti: mezzanotte e due minuti, le ventitrè e cinquantanove e così via. Il medico si rivolse a me e domandò “Allora Signora quando le facciamo compiere gli anni a questa bambina: l’11 o il 12 di novembre?”.Non ebbi alcun dubbio, pensai a San Martino, alla sua leggenda, alle tradizioni legate al giorno a lui dedicato e risposi senza tentennamenti l’11 di novembre.Penso che la maggioranza di chi mi legge si ricorda della leggenda di San Martino, anche perché l’episodio particolare della sua conversione al Cristianesimo a quei tempi veniva spesso riportato nel libro di lettura delle elementari.

Martino era figlio di un veterano romano e anche lui fu reclutato nell’esercito nelle Scholae imperiali, corpo scelto di cinquemila unità perfettamente equipaggiate: possedeva quindi un cavallo ed anche uno schiavo. Il suo compito era quello di garantire l’ordine pubblico. Nell’inverno del 335 d.c. durante un ronda di ispezione nella città di Amiens in Gallia, incontrò un povero seminudo congelato dal freddo, Martino allora prese la spada e tagliò in due il suo mantello condividendolo con il mendicante. La notte seguente fece un sogno. Gli apparve Gesù con addosso metà del suo mantello che diceva agli Angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”, quando Martino si risvegliò trovò il suo mantello intero. Il sogno lo colpì talmente tanto che si convertì al Cristianesimo e fu battezzato come usava allora nel giorno di Pasqua. Rimase però nell’esercito romano e solo successivamente, dopo circa venti anni, si congedò dedicandosi alla missione pastorale di evangelizzazione.

Diventò vescovo della città di Tours e la sua popolarità si diffuse nella comunità cristiana dove, oltre ad avere fama di taumaturgo, era considerato un uomo dotato di carità, giustizia e sobrietà.In tutta Europa sono state dedicate a San Martino moltissime chiese, fin dal Medioevo mete di pellegrinaggio, infatti è il Santo protettore dei pellegrini, dei viandanti, dei camionisti, dei soldati. E’ inoltre il patrono dell’Arma della Fanteria dell’Esercito Italiano ed è stato proclamato patrono anche del volontariato dalla Conferenza Episcopale Italiana del 2021.In Italia, in particolare, il culto del Santo è legato alla cosiddetta “estate di San Martino” che dà luogo ad alcune tradizionali feste popolari in numerose città italiane. Per “estate di San Martino” si intende quel periodo autunnale in cui, dopo il primo freddo, si verificano condizioni climatiche di bel tempo e relativo tepore.

Nell’emisfero australe il fenomeno si osserva tra fine aprile e inizio maggio, mentre nel nostro emisfero appunto ad inizio novembre e il suo nome trae origine sempre dall’episodio del taglio del mantello perché si narra che subito dopo che Martino rivestì il povero la temperatura si fece più mite, come se all’improvviso fosse tornata l’estate. Nei paesi anglosassoni il fenomeno meteorologico viene chiamato Indian Summer “estate indiana”.Nel periodo dell’estate di San Martino venivano rinnovati i contratti agricoli annuali, nelle campagne del parmense “fare San Martino” vuol dire ancora oggi traslocare, poiché l’11 di novembre era la data generalmente scelta dai mezzadri per cambiare casa, podere o addirittura paese, probabilmente perché in tale periodo si erano conclusi la maggior parte dei lavori agricoli. Passando, come al solito, dal sacro al profano sapevate che l’11 di Novembre è ricordato anche come “Festa dei cornuti” o “Festa dei becchi”? Scopriamo allora cosa lega la ricorrenza sacra da quella decisamente profana. Una prima ipotesi è quella legata allo svolgimento in questo periodo delle fiere in cui si commerciava bestiame, quindi animali dotati di corna.

Considerato che tali eventi erano partecipati per lo più da uomini, si creavano situazioni ideali di tradimento reciproco poiché le consorti erano lasciate da sole a casa, mentre gli uomini, lontani, magari corroborati da qualche bicchiere di vino in più, non lasciavano perdere l’occasione di facili conquiste.Un’altra supposizione prende in considerazione i riti pagani del capodanno celtico, che si concludeva proprio a ridosso dell’11 novembre che prevedevano riti promiscui senza freni e l’utilizzo di un corno bovino come recipiente per bere detto “corno potorio”. Ma perché la festa dei cornuti cadrebbe proprio il giorno di San Martino? Forse perché il nome Martino è un diminutivo di Marte, il dio della guerra e nella mitologia latino-romana è presente un’altra leggenda. Un giorno Marte e Venere, Dea della bellezza e dell’amore vennero sorpresi in inequivocabile atteggiamento amoroso da Vulcano, Dio del fuoco e consorte di Venere.

Arrabbiatissimo il marito tradito rinchiuse i due amanti in una rete di ferro e li portò al cospetto degli altri Dei per averli testimoni dell’affronto subito. Gli Dei dell’Olimpo, penso più birichini dei due fedifraghi, invece di sostenerlo e mostrargli comprensione, presero in giro il povero Vulcano ridacchiando e malmenandolo pure. Probabilmente fu da allora che ancora oggi si usa dire “cornuto e mazziato”.Indubbiamente San Martino è una giornata di particolare ispirazione se anche tanti famosi poeti e scrittori l’hanno onorata con le loro opere: Giosuè Carducci con “San Martino”, Giovanni Pascoli con “Novembre”, Cesare Pavese con “Estate di San Martino”. Sarà la particolarità della stagione, con la natura non ancora congelata dal rigido inverno, le prime nebbie che avvolgono il paesaggio, l’ultimo tepore di sole prima del lungo freddo che ispira così tanta poesia, mentre il profumo delle prime caldarroste e del vino nuovo accompagnato dagli ultimi accesi colori dell’autunno ci regala uno sprazzo di allegria consolandoci un po’ per l’arrivo della brutta stagione.I proverbi dedicati al giorno di San Martino sono veramente tantissimi, ne cito solo alcuni:Per San Martino si ubriaca il grande e il piccinoA San Martino il grano va al mulino.

Da San Martino l’inverno è in cammino. Chi vuol far buon vino zappi e poti a San Martino. A San Martino si lascia l’acqua e si beve il vino Se il dì di San Martino il sole va in bisacca, vendi il pane e tieniti la vacca. Se il sole va invece giù sereno, vendi la vacca perché è poco il fienoSan Martino sereno, prepara bosco e fieno L’estate di San Martino dura dalla sera al mattino Auguri a tutti i Martini e Martine ed un augurio speciale a mia figlia Laura per il suo compleanno, anche se ribadisce sempre che oltre averla fatta nascere l’11 di novembre, avrebbe preferito ormai essere chiamata pure lei Martina!

11 novembre 2021, San Martino

Rita Ciampichetti

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