Rita Ciampichetti – I fiori della primavera: “Gli occhi della Madonna”

2022/03/05, Vergato – I fiori della primavera: “Gli occhi della Madonna”

Qualche giorno fa percorrevo con mio nipotino Lorenzo il sentiero pedonale che costeggia la riva sinistra del torrente Vergatello e che sbuca sul ponte delle Fornaci.

Occorre stare un po’ attenti a dove si mettono i piedi sia per le deiezioni dei cani che  per il deterioramento della balaustra di protezione, però il percorso consente ad un bambino vivace di correre e saltare senza pericolo delle automobili e nel frattempo di godere la Natura.

Ad un certo punto Lorenzo esulta come solo sanno entusiasmarsi i bambini per le piccole cose e  mi dice: “Guarda nonna, i fiorellini che piacciono a me!” io chiedo: “…e perché ti piacciono tanto?”  lui mi guarda e a sua volta domanda: “Non hanno un bellissimo colore?”.

Guardo e sulla sponda del sentiero osservo una distesa verde di piccole piante dove occhieggiano minuscoli fiori di un celeste delicato e dico a Lorenzo: “Sai come si chiamano? Occhi della Madonna, perché il colore è così azzurro che ricorda proprio un occhio celeste “.

Mentre proseguivamo il cammino mi sono tornate alla mente reminiscenze di quando, in un periodo passato della mia vita, mi appassionai alla botanica e mi interessai soprattutto  delle proprietà medicamentose delle erbe spontanee, specie quelle del nostro bell’Appennino.

Gli Occhi della Madonna…. anche il nome scientifico è romantico, infatti si tratta della  Veronica persica,  una piantina erbacea presente nei nostri prati e giardini praticamente tutto l’anno, ma che risalta in modo particolare in questi giorni perché saluta la primavera con tantissimi fiorellini azzurri, delicatissimi, infatti appena vengono sfiorati, la corolla si stacca e cade.

Se ci fate caso è la prima a comparire già durante l’inverno con i primi fiori quando ancora le primule e le viole sono ancora indietro, basta un innalzamento anomalo delle temperature e loro aprono gli occhietti azzurri e sopra di loro si vede svolazzare anche qualche insetto coraggioso in cerca di nutrimento.

Anche se all’apparenza non sembra, in realtà come quasi tutte le specie appartenenti al mondo vegetale, possiede proprietà curative che erano ben note in passato, quando la chimica era ancora una sconosciuta nel campo dei medicinali, 

La nostra piantina di Veronica ha infatti proprietà antinfiammatorie e antibatteriche grazie al principio attivo della veronicina , in passato veniva utilizzata per la tosse, la bronchite, l’asma, le infiammazioni urinarie ed epatiche, per i reumatismi e anche per la tisi.

Nell’attuale erboristica la Veronica è utilizzata sotto forma di tisana perché stimola l’appetito, favorisce la digestione e possiede anche lievi proprietà depurative,  come in passato la si può anche utilizzare per alleviare i sintomi  nelle malattie da raffreddamento in quanto contiene un discreto quantitativo di vitamina C. Viene impiegata nei collutori  in caso di irritazioni della bocca e della gola (afte, gengiviti, stomatiti, tonsilliti) e come infuso viene utilizzata per le applicazioni locali in caso di prurito della pelle e ovviamente anche in caso di infiammazioni e affaticamento degli occhi.

Si può mangiare, i  germogli hanno un gusto delicato mentre la pianta cresciuta ha un sapore che tende ai toni amari pur rimanendo commestibile,  quindi è ottima nelle misticanze fresche primaverili in compagnia di altre erbette selvatiche.

Purtroppo, visto il suo rapido sviluppo crea un effetto tappezzante sul terreno e quindi  dagli agricoltori viene considerata una pianta infestante e sottoposta in orti e frutteti a trattamenti con erbicidi.

In Francia veniva chiamata “Erba dei lebbrosi”, infatti, una volta,  serviva per fare delle applicazioni, tramite pezze di tela imbevute con l’impiastro di questa erba, sulla pelle dei lebbrosi per lenire il dolore delle piaghe.

Da questo utilizzo forse deriva anche il nome Veronica.

Come qualcuno di voi ricorderà, la Veronica è stata nella cultura popolare quella pia donna che, per alleviare le sofferenze di Gesù sulla via del Calvario, si avvicinò a Cristo e appoggiò un panno sul suo volto sanguinante.  Secondo la tradizione, poiché non ci sono riferimenti evangelici, tale gesto di carità fu ricompensato con l’immagine del volto del Figlio di Dio che rimase impresso sul panno ed infatti alcuni segni sui petali della corolla di questo fiore sembrano assomigliare a quelli del sacro fazzoletto di Veronica.

La cultura popolare ci ha tramandato diverse credenze e leggende legate a questa umilissima erbetta e direi una più interessante dell’altra che ricorderò.

Una credenza, tramandata oralmente in alcune regioni d’Italia, afferma che gli uccelli sono così affascinati ed innamorati di questi fiorellini celesti che chi volontariamente li danneggia rischia di essere beccato negli occhi.

La leggenda più dolce però è quella che spiega perché la nostra Veronica persica viene chiamata dalla gente Occhi della Madonna.

Si racconta che una mattina di inizio primavera la Madonna scese sulla terra per godersi una bella giornata di sole assieme al suo Bambino.

Si mise a passeggiare lungo un sentiero ed intanto sorvegliava Gesù che, come tutti i bambini, correva felice tra l’erba del prato.

A forza di correre e di saltare al piccolo Gesù venne una gran sete e chiese alla sua Mamma da bere. La Madonna si guardò attorno per vedere se c’erano nelle vicinanze una fonte, una sorgente, un ruscello, ma da nessuna parte vide scorrere l’acqua.

Si stava già rassegnando a risalire in cielo, quando scorse, nascosto dietro un sasso, un bianco fiorellino;  la Madonna si chinò e vide dentro alla corolla del fiore una goccia di rugiada, colse il fiore, accostò come un calice la piccola corolla alle labbra del bimbo che bevve quella gocciolina che riuscì a spegnere la sete del piccolo.

Gesù riprese a correre felice nei prati, la Madonna guardò dolente il povero fiorellino che aveva chinato il capo appassito sullo stelo, lo riportò allora al suo posto e lo riattaccò alla piantina.  All’istante la corolla del piccolo fiore si drizzò e si tinse dello stesso colore azzurro come l’iride dell’occhio della Madonna che lo aveva amorevolmente guardato con gratitudine.

Da allora tutti i fiori di Veronica tinsero i bianchi petali di quel delicato colore azzurro e la gente iniziò a chiamarli Occhi della Madonna.

Invece nel linguaggio dei fiori la Veronica significa “addio”. In tempi lontani era d’uso regalare una Veronica a chi stava per partire in quanto si contava sul potere degli Occhi della Madonna e quindi su quelli di una entità superiore per seguire e vegliare la persona cara che partiva da casa.

Belle queste leggende del passato che sono sopravvissute fino ai nostri giorni,  sovente ispirate da  una religiosità popolare in completa sintonia con la grande forza educativa della Natura che dovremmo imparare a rispettare di più.

A volte mi chiedo mestamente  invece quali potranno essere le leggende del nostro tempo che riusciranno a incantare e stupire i nostri futuri discendenti.

Quindi cari lettori mi auguro che, quando passeggiando vi imbatterete in una distesa di fiorellini azzurri, vi torni alla mente quanto qui raccontato e che sentiate dentro di voi sbocciare un po’ di considerazione per questa piantina, spesso classificata come “erbaccia”.

L’umile Veronica, assieme ad altri, è uno di quei  “fiori della primavera” che  mi hanno sempre fatto pensare ad una Timidezza coraggiosa ed alla Speranza.

La timidezza perché al primo accenno di una temperatura un po’ più alta del normale, violette, primule, occhi della madonna, margheritine sbocciano coraggiosamente sopra un gambo cortissimo, spesso circondati ancora e nascosti da residui di neve e dalle foglie secche dell’inverno, iniziando a colorare con chiazze bianche, viola, gialle e azzurre prati, rivali e il sottobosco.

La Speranza perché sembrano dire: “Forza, non ti avvilire, guarda noi … nonostante il gelo che ancora ci circonda, ci basta un tenue raggio di sole per spronarci a sbocciare e  farci sperare che tra poco tornerà la bella stagione”.

Rita Ciampichetti