Rino Nanni – “Esperienze e Ricordi del Passato”: Edgardo Ferrari intervista i fratelli

2023/01/17, Vergato – Un libro che non è un libro ma una “bozza di memorie”, così la definisce Edgardo Ferrari, giornalista, intervistatore di lungo corso che a pochi mesi dalla scomparsa dell’on. Rino Nanni, avvenuta nel 2001, raccoglie le voci dei fratelli, mentre sfoglia le pagine che andremo a pubblicare a puntate.

ESPERIENZE E RICORDI DEL PASSATO
Aprile 1945 – Ottobre 1981

Nella prossima puntata: 1944: LA GUERRA DISPERDE LA FAMIGLIA
Per la nostra famiglia il giorno della liberazione non fu lo stesso per tutti. Eravamo stati disseminati a cominciare dalla primavera del 1944. Col bando di chiamata alle armi della classe 1926, emesso dalla Repubblica Sociale Italiana (meglio nota come Repubblica di Salò, costituita

Prossimamente!

Nel video la prima parte dell’intervista di Edgardo Ferrari: Un’intervista storica dove passano fatti, aneddoti, curiosità e perchè no… notizie che ci eravamo persi come cittadini “frettolosi”. Il sindaco Buriani o il gerarca Cristalli e il primo consiglio comunale post guerra da chi era composto? Troviamo tutto nella prima parte dell’intervista, ne seguiranno altre tre… anzi, quattro! E’ arrivata un’altra intervista del tempo. Chi avesse foto, video, pubblicazioni del tempo le può mandare via mail a info@vergatonews24.it e saranno pubblicate. Grazie.

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Inizia oggi la pubblicazioni delle pagine del “libro” di memorie di Rino Nanni. Una lunga introduzione, utile da leggere per comprendere le pagine successive piene di fatti, vicende, critiche e notizie che troveremo più avanti nelle pagine.

INTRODUZIONE (2)
Non sono mai stato intenzionato a scrivere sulla mia vita e sulle mie esperienze. Ho sempre ritenuto che solo i grandi personaggi potessero o dovessero farlo.
Se ho cambiato opinione è perché gli avvenimenti degli ultimi anni, rischiano di mettere in ombra un passato, dei valori, un’etica che reputo non solo validi, ma necessari per evitare che si corra su una china che distrugge gli sforzi compiuti.
Non è che in questi 36 anni non si siano commessi errori, che tutte le analisi siano sempre state perfette, che fatti anche soggettivi non abbiano avuto una loro presenza. Ma questo non è il problema. Errori, difetti di valutazione, carenze se ne verificheranno sempre, in ogni società e latitudine.
Il problema sta nel fatto che il PCI non è una entità astratta. E’ invalsa l’abitudine davanti ad ogni cosa che non va, di affermare: ” E’ colpa del Partito”. Colpa dunque di tutti e di nessuno, di un corpo che ha milioni di teste, di idee e di pensieri. Ciò non dice nulla in concreto, non aiuta a capire, a correggere, a maturare coscienza e cultura del singolo e delle masse.
Il Partito è un agglomerato di uomini e di donne, ognuno dei quali ha una propria formazione culturale, proprie idee sul modo di vivere e di rapportarsi agli altri, proprie tradizioni, costumi e mentalità. Questo agglomerato resta insieme perché si da delle regole, delle istanze rappresentative, ma soprattutto perché ha identici ideali, fa riferimento agli stessi principi, si ispira ad una comune ideologia. All’interno non mancheranno discussioni, pareri discordi, idee varie, ma il tutto si svolge all’interno di quei principi, all’interno delle idealità che sono comuni, all’interno di un progetto da realizzare il cui modello gode dell’unanime consenso.
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Quando viene meno questo riferimento, o il partito non si muove su una identica linea, questo agglomerato si spezza, si frantuma in tanti rivoli, i confronti o gli scontri delle opinioni non sono più all’interno di una sola finalità e quindi nascono le correnti, più o meno organizzate e contrapposte, il dissenso si estende, la capacità di movimento e di iniziativa subisce colpi decisivi e l’agglomerato stesso, anziché un blocco rivoluzionario, diventa nè più nè meno, che una tendenza elettorale, anche organizzata, ma proiettata quasi unicamente alla tattica della conquista del voto.
Noi stiamo camminando su questa strada. Fino all’inizio degli anni ’50, il modello a cui eravamo ispirati era quello sovietico e delle società a democrazia popolare. Nostra guida per l’azione erano il marxismo e il leninismo. Obiettivo fondamentale l’attesa dell’ora X, ossia del momento più favorevole dato da una delle tante crisi del capitalismo, per conquistare il potere e instaurare la dittatura del proletariato.
Una visione superata e limitata, erronea nelle valutazioni di tenuta dell’imperialismo, carente nella conquista del consenso, di pigrizia culturale nell’articolare una politica fondata sul movimento. Tuttavia ciò non impedì in quegli anni, di mantenere unito questo agglomerato, di condurre memorabili battaglie, di distinguerci per un comportamento, un’etica che ci faceva davvero diversi dagli altri.
A metà degli anni 50 crollano i miti di Stalin e dell’URSS. Poi c’è la crisi dell’Ungheria e della Polonia, a cui si aggiungeranno poi la Cecoslovacchia e di nuovo la Polonia. Si rompe l’unità del movimento comunista internazionale e due paesi comunisti si fanno reciprocamente la guerra.
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Il marxismo e il leninismo vengono gradualmente considerate dottrine superate e i modelli a cui fino ad allora ci siamo ispirati, vengono considerati non più validi, la nostra critica all’URSS e ai paesi di democrazia popolare segue un continuo crescendo, fino a che in questi giorni accettiamo di mettere sullo stesso piano URSS e USA.
Sul piano della politica estera dopo aver condotto aspre lotte contro il Patto Atlantico e i generali che vengono ad ispezionare il nostro livello di preparazione, passiamo alla politica di opposizione ai blocchi contrapposti e ne rivendichiamo il superamento, poi alla accettazione della NATO, alla dichiarazione di soddisfazione per essere protetti dall’ombrello della NATO, e infine alla ammissione di quella strategia dell’equilibrio atomico in Europa che consiste nella installazione dei nuovi e più moderni missili. Dalla petizione del ’50 per la messa al bando della bomba atomica di allora, ci resta solo l’opposizione alla bomba N e la richiesta di trattative fra le due grandi potenze.
Il gioco di Reagan si snoda con una pericolosità estrema. Decide, senza neppure discuterne con gli alleati, di costruire la bomba N a cui Carter aveva rinunciato, predispone un progetto di riarmo che costa quasi 200 mila miliardi di lire e per gran parte viene motivato dall’esigenza di contrastare un’avanzata sovietica nel teatro europeo.
Reagan in fondo prepara una guerra il cui teatro è l’Europa. Predispone una campagna sulla superiorità, sovietica che serve solo come giustificazione alla nuova “escalation”, visto che ormai i missili non conoscono problemi di distanza.
Tutta la nostra opposizione ignora completamente la volontà sovietica di non fare guerre, tanto meno in Europa, ma si concentra su un”equilibrio” che è solo una mistificazione USA, e che determina condizioni di sempre più pesante subordinazione del paese all’imperialismo.
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E’ difficile non vedere in questo atteggiamento un tentativo di dimostrare il nostro “occidentalismo”, la nostra equidistanza da Mosca, la nostra avversione a quanto avviene all’est.
Così avviene sui fatti di Polonia. Abbiamo coniato le etichette per i “conservatori”, “filo sovietici”, “rinnovatori”. Appoggiato ogni movimento che fosse contro quei regimi, senza valutare nel merito i contenuti dei movimenti stessi. Così tutto ciò che è contro il regime comunista è “rinnovamento”, mentre quanti tentano di salvare la base del socialismo sono conservatori.
In Polonia, in Ungheria, nella stessa URSS e altrove, gli errori sono tanti e sono gravi.
Errori di politica economica che hanno costretto l’URSS a comprare grano dall’estero, quando avrebbe dovuto venderne in quantità, il basso livello di vita dopo tanti decenni, la scarsa politicizzazione della gente e l’assenza della partecipazione, la forte burocratizzazione dello stato in ogni sua istanza, la mancanza di una società fondata sul diritto e non sulla volontà soggettiva dei singoli uomini, la politica dei quadri ispirata nella scelta agli adulatori, ai conformisti, agli opportunisti e carrieristi ed altro ancora.
Ma da qui a riconoscere che i movimenti sorgono e si sviluppano contro il regime, per travolgerlo, per cambiare società e valori, non ci vuole un pozzo di scienza. Basta guardare a chi dirige il movimento, al ruolo primario della chiesa, alle rivendicazioni politiche che chiaramente mostrano i caratteri di una lotta per il potere.
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Di tutto questo sembra che non ci rendiamo conto. Ciò che chiediamo è che non intervenga l’URSS, lasciando magari che la Polonia diventi una base avanzata della NATO, dentro il Patto di Varsavia e magari fornita a sua volta come l’Italia, di proprie basi missilistiche .
Chiediamo che in Polonia non si limiti il diritto di sciopero e non ci accorgiamo neppure che negli stessi giorni Reagan licenza su due piedi 12.000 controllori di volo che sono scesi in sciopero. Per avere una fasulla patente di “democraticità” che non basta certo ai nostri avversari, arriviamo a sbilanciarci a favore del mondo occidentale.
Sul piano interno, abbandonato il modello orientale e l’attesa dell’ora X lanciamo l’idea della via Italiana al Socialismo, coerente sviluppo con la svolta istituzionale di Salerno e il ponte lanciato ai cattolici.
Ci presentiamo giustamente come un partito nazionale e popolare, che vuole cambiare i vecchi rapporti di produzione, fare partecipe la classe operaia del governo del paese, applicare criteri avanzati di giustizia sociale.
Abbiamo retto le prove più difficili. Prima nel patto antifascista per schiacciare il fascismo, poi per avere la Repubblica di cui restiamo i più decisi sostenitori, infine per avere la Costituzione che traccia una nuova linea di sviluppo. Nel 47 rotto il patto antifascista, dopo gli accordi De Gasperi – USA sulla conduzione della guerra fredda, inauguriamo un periodo di opposizione decisamente adeguata.
Sopportiamo la sconfitta del 18 aprile 1948, le conseguenze dello sciopero generale del 14 luglio, la rottura dell’unità sindacale, la discriminazione e i licenziamenti, le migliaia di denunce, di arresti e di condanne. .Subiamo la scomunica del S.Ufficio nel ’48.

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Tutto il periodo della violenza di stato (polizia di Scelba) contro i braccianti, gli scioperi, le manifestazioni. Contiamo a decine i morti sulle piazze.
Le varie formule di governo sempre dirette contro le masse lavoratrici ( centrismo – centrodestra – monocolori) che fanno nascere il sistema di potere, quale ancora oggi si presenta con tutti i suoi scandali (banane- crusca – aerei – petrolio – aree fabbricabili, ecc.) e il suo innegabile potere.
Sconfiggiamo la legge truffa del ’53. Il tentativo di Tambroni, sostenuto dai fascisti nel 60. Il piano golpista di De Lorenzo, poi quelli di Borghese e del SID. Teniamo con forza da 12 anni davanti alla strategia del terrore e della violenza.
In questi decenni vi sono anche delle conquiste. Un lavoro meno schiavizzante e più remunerato; una migliore condizione per i pensionati; l’ordinamento regionale; il divorzio; l’aborto; l’equo canone; la legge di riforma sanitaria e altre ancora.
Andiamo gradualmente recuperando sul ’48. Cade la scomunica, il correlatismo delle organizzazioni di ispirazione cattolica rispetto alla DC, seri colpi vengono dati all’anticomunismo.
La lotta contro gli scandali (Forchettoni -1000 miliardi della federconsorzi ecc.) le proposte costruttive: piano del lavoro, infrastrutture, scioperi a rovescio, l’onestà e la coerenza cominciano a dare i suoi frutti, che saranno largamente raccolti nel ’75 e nel ’76, quando siamo sulla cresta dell’onda, ultima risorsa per rimettere in piedi questo paese già in crisi.
Nel frattempo dei guasti se ne sono prodotti senza che avessimo la forza o il coraggio di affrontarli. Una componente strumentale, inutile sul piano elettorale, è stata presente nel complesso della nostra azione.
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Si tratta della mancanza di rigore nell’affermare il dovere assieme al diritto. Ceti medi e professionisti che evadono le tasse da sempre, mentre il lavoratore dipendente paga fino all’ultima lira. Commercianti, artigiani, coltivatori diretti che pagano una decima parte dei contributi previdenziali rispetto agli operai mettendo a repentaglio la pensione di tutti.
Una politica di assistenzialismo e di sostegno ad aziende improduttive e malate che dissanguano lo stato e fanno crescere il clientelismo della DC e della bonomiana. Gli sprechi nei servizi che sembrano assurgere a settore portante e che sono puntello delle forze al governo.
Le concessioni ad ogni rivendicazione da chiunque presentata e a prescindere dai contenuti, che stimola ed aiuta il sorgere di una miriade di sindacati autonomi che rompono l’unità del movimento. L’autonomia dei Sindacati che si trasforma nella incompatibilità fra cariche sindacali e politiche e che fa nascere una sorta di “comunisti autonomi” non più impegnati nel partito, non più legati, se non di diritto, almeno di fatto, dalla disciplina e dalle regole che valgono per tutti. Assieme a questo il processo di unità sindacale che si vuole portare avanti ad ogni costo, nonostante le difficoltà di unificare posizioni tanto diverse, che consentono l’emergere di atteggiamenti pan -sindacalisti e abbassano il livello culturale e politico dei sindacati.

Si creano così momenti di lotta contro tutto e contro tutti. Si difendono vagabondi, terroristi, assenteisti; si rivendicano orari ridotti nei servizi (mentre restano lunghi nei settori produttivi), concessioni corporative, il diritto sindacale svolto unicamente nell’orario di lavoro (si creano con questo, con i distacchi, promozioni, ecc. delle condizioni privilegiate e quindi la selezione dei quadri non è più data dalla capacità e dall’impegno, ma da valori in genere negativi).
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Si consentono in questo modo i gruppi di potere staccati dalle masse (basta osservare le attuali difficoltà del Sindacato), abbarbicati ad un potere che è perdente perchè nega l’unità, distanti dall’opinione pubblica che non si premurano di avere con sè.
La DC lascia correre e incoraggia questo processo che indebolisce il movimento davanti al padronato e al governo. Il PSl si irradia in tutti i Sindacati (quelli autonomi compresi) e soprattutto nella UIL e agisce in funzione rivendicativa puramente monetaria, cavalca ogni tigre, assume posizioni riformiste a Roma e massimaliste localmente .
Non fu un errore consentire un governo nel ’76. Nel pieno di una gravissima crisi di cui si coglievano già allora gli elementi di struttura, non si poteva salire sull’Aventino. Non c’erano più modelli, i miti erano già crollati, la via italiana al socialismo sostituita dal “compromesso storico”, l’alternativa irreale e velleitaria. L’errore fu quello di dare respiro alla DC che usciva sconfitta e umiliata dalla prova elettorale. Bisognava pretendere allora che il PCI fosse al Governo, non affievolire l’attacco alla DC, non consentire rinvìi, non aspettare oltre due anni per denunciare il non rispetto dei patti. Se era necessario si potevano affrontare nuove elezioni.
Le giustificazioni organizzative date alle sconfitte successive al ’76 non convincono. Non fù perché noi non sapemmo spiegare o spiegammo poco la nostra scelta di allora. Fu che la gente non condi videva, dopo tante battaglie, una sorta di armistizio, finalizzato all’entrata nel governo che non ci fu.
La DC anche allora irrideva alle nostre proposte. Ironizzava perchè dopo tanti decenni di asprezza, cercavamo, con troppo umile impegno un accordo con essa.
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La DC era sconfitta ma non aveva cambiato anima. Era sempre quella della restaurazione, dello scelbismo, della legge truffa, di tante altre provocazioni anti operaie. Lo abbiamo visto del resto nel nuovo disegno che matura negli anni 80.
Emarginato De Martino (anche come conseguenza del mai chiarito rapimento del figlio che costò un riscatto di circa 1 miliardo e non si sa chi lo abbia pagato), Craxi comincia la scalata alla conquista del potere assoluto del PSI. Egli, spregiudicatamente usa tutte le armi: dall’utilizzo dei posti di sottogoverno in in cui non è secondo alla DC, per conquistare gli oppositori interni, ai licenziamenti, ad una serie di rapporti esterni, all’avvio di una polemica sempre più aspra contro il PCI. Riuscirà nel suo intento al Congresso di Palermo e il disegno già avviato di un governo con la DC e l’emarginazione comunista sarà accellerato, fino alla quotidiana ricerca di una voluta differenziazione che provoca nelle file del PSI, in particolare nei gruppi dirigenti fino a livello delle sezioni, una ondata crescente di anticomunismo.
Nella DC l’assassinio di Moro apre le porte alle correnti più conservatrici che, emarginato Zaccagnini, si raccolgono attorno al Preambolo” di Donat Cattin e nominato Piccoli Segretario.
Da quel momento il disegno va avanti, anche se la DC è costretta ad un Presidente Laico, e Craxi deve rinviare ancora la propria scalata. Il Pentapartito ( DC – PSI – PSDI – PRI – PLI) è sorto, anche se vincolato alla continuità della vecchia politica e come fatto provvisorio, già minato all’interno, sia dalle insoddisfazioni dellla DC, che dagli attacchi che si alternano da parte di Craxi e di Longo

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Tale disegno viene ritenuto allargatale alla periferia del paese. Perciò si tarda a dar vita alle giunte di Roma, Bari, Genova e alle Regioni Lazio e Piemonte.
Le polemiche nella sinistra si allargano. Riprendono i fatti del 77, le manifestazioni per la ricorrenza della strage alla stazione, l’ordine del giorno al Consiglio Comunale sulla bomba N ove i socialisti si fanno promotori del nostro isolamento, votando un documento del pentapartito.
Si sviluppano nella sanità ove si vuole un atteggiamento di apertura nei confronti della medicina privata e della libera professione dei medici, una chiusura rispetto ai rapporti con l’Università e la libertà di dare spazio al clientelismo.
Durante l’agosto, muovendo i NAS e il gruppo UIL, forti anche per le polemiche sull’assenteismo, sono giunti a chiedere la mia testa su un piatto d’argento.
In queste condizioni gli accordi sono sempre più difficili. Dal ’63 faccio parte della delegazione che tiene i rapporti col PSI e con gli altri partiti e sono stato quasi sempre presente. E’ stata una parabola involutiva, graduale ma continua che ha creato le condizioni odierne. Non è bastato che da parte nostra le concessioni siano andate sempre crescendo. La ricerca di una parità (che a parte i dati aritmetici) nessuna nega, sembra non soddisfare mai il PSI.
Dal ’76 comunque si accrescono anche le nostre difficoltà. Parlo di quelle derivanti da principi, dalle prospettive, dal cemento ideologico che in passato legava questo agglomerato di uomini e di donne. Dal compromesso storico, all’alternanza, attraverso la “Terza via” che non è quella dell’Est e non è quella socialdemocratica e che in realtà ben pochi hanno capito cosa possa essere.
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Caduti i principi ideologici, caduto ogni modello di riferimento, come si esprime, cosa rappresenta, come può appagare forze politiche e sociali, questa cosidetta “Terza via ” ?
In realtà è su questo punto decisivo che siamo scoperti, disarmati, presi da un modo di operare ove i dissensi già cominciano a creare difficoltà.
La DC è per la società liberistica, con una funzione statale subalterna e assistenziale.
Il PSI e gli altri partiti laici sono sul terreno del riformismo, ossia sul mantenimento di questa società, correggendone gli squilibri e le ingiustizie più macroscopiche.
Alla nostra sinistra si è solo per distruggere.
Ora noi vogliamo uscire dalla crisi, moralizzare il paese, fare case, creare posti di lavoro. Tutto bene e indiscutibile.
Ma quale società proponiamo ? Ecco il punto non risolto, e fonte di contrasto fra chi fa la scelta dell’opposizione, arroccata a rivendicazioni contingenti, ad una alternanza che non ha dati di supporto immediati, ad un isolamento quasi totale e chi invece vorrebbe un avvicinamento ai socialisti e al loro biformismo gareggiando soltanto sull’efficacia e sull’efficienza dei provvedimenti.
Ecco il punto vero di questa fase politica.
Anche a Bologna non ci si discosta da questo quadro. La cattiva conduzione da parte di Imbeni dell’ordine del giorno sulla bomba N e il funzionamento della Federazione sono una spia di allarme. Abbiamo forse raggiunto il più basso livello (pur nella considerazione dei tempi mutati) da Colombi, Masetti, Bonazzi, Chini, Fanti, Galletti, Olivi e Imbeni ..
Fanti isolato al Parlamento Europeo. Galletti paga per l’operazione DUINA (che certo non ha fatto da solo). Olivi ridimensionato a più eque proporzioni.
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Gli altri ormai fuori causa per età.
Le nuove leve sono tranquille se non vi sono polemiche. Vengo criticato e contestato per aver prodotto troppo, per aver fatto esplodere contraddizioni date dalle speculazioni dei baroni sulla povera gente. Si schierano col “movimento” e non con le istituzioni, dando corda ai gruppi di potere, dimostrando subordinazione ai Sindacati, concedendo talvolta al clientelismo.
Succede così che Imbeni va a cena con un alto funzionario della SIP mentre noi prepariamo sull’azienda un dossier per la magistratura. Che Zangheri ha rapporti col procuratore De Sisti che è un fiore di reazionario.
Che si sia sempre guardato con sospetto alla ricerca di notizie sui movimenti eversivi che invece andavano cercate e approfondite anche grazie a tutto il materiale raccolto, è un altro fatto che andrebbe spiegato.
Per quanto mi riguarda non ho nulla da rimproverarmi. Non ho mai chiesto un incarico o una prebenda. Non ho mai utilizzato mezzi o strumenti se non per lavoro. Persino i fondi di rappresentanza negli enti che ho presieduto, non sono mai stati toccati se non quando era obbligatorio farlo. Non ho mai utilizzato la “mutua” (20 giorni nel 60 per una grave malattia, durante i quali ho comunque fatto dei comizi). Ho accettato ogni proposta di lavoro in tutte le occasioni.
Sul piano personale credo proprio di non essere attaccabile.
Sul piano politico invece non ho mai taciuto. Opportunismo e carrierismo mi sono totalmente estranei. Per questo a volte ho avuto dei problemi, ma li ho risolti sempre senza rinunciare alle mie idee.
Ho avuto scontri durante la vicenda Soldati, non solo con lui ma anche con Fanti e altri. Ho votato contro, insieme a Iginio Cocchi, alla proposta di concedere la cittadinanza onoraria al Cardinale Lercaro.

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Mi sono opposto, davanti a Paietta e Chiaromonte alla proposta di nominare Imbeni Segretario della Federazione. Sono stato a lungo in disaccordo col Comitato Cittadino e particolarmente con Tolomelli e Moruzzi.
Ho sfidato i gruppi di potere in Provincia nel ’70 e quelli della USL Ventotto nell’81, nonostante i loro appoggi, subendo polemiche e attacchi assai duri.
Le mie divergenze con Zangheri sul ruolo della Federazione rispetto al Comune sono note, come note sono le conseguenze.
Tutto ciò continuerò a fare anche se c’è chi pensa di potermi bloccare con minacce anonime o mettendo in discussione il mio incarico Un incarico scomodo, pesante, non certo popolare in questo periodo Ma finché svolgerò tale incarico mi batterò contro le speculazioni i gruppi di potere, gli affarismi, le clientele.
Ciò crea condizioni di lavoro molto disagiate. Pochi sostegni, potenti che si muovono per bloccare certe iniziative. Sarà così fin che reggerò.

Poi abbandonerò la partita senza senza sollecitazioni.

Nella prossima puntata: 1944: LA GUERRA DISPERDE LA FAMIGLIA
Per la nostra famiglia il giorno della liberazione non fu lo stesso per tutti. Eravamo stati disseminati a cominciare dalla primavera del 1944. Col bando di chiamata alle armi della classe 1926, emesso dalla Repubblica Sociale Italiana (meglio nota come Repubblica di Salò, costituita

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