Rita Ciampichetti – La Brigida, cap 5: Fufi un bel giorno iniziò ad avvicinarsi cautamente alla corga

2024/08/05, Vergato – La Brigida, il racconto “lungo” di Rita Ciampichetti – Capitolo 5Voglia di …gatto

Quando fu passato il periodo più critico per la salute della Brigida, finì anche, con gaudio della Cesira, il pernottamento forzato della famigliola in cucina. Quindi già l’anno prima all’arrivo della bella stagione L’Elide e Amerigo si erano riappropriati della loro stanza da letto. Una corga, la grande cesta di vimini utilizzata per raccogliere il fieno, era stata comunque sistemata in cucina vicino al camino, riempita con vecchie coperte pulite e veniva utilizzato come una specie di box per la bambina.

Mentre la sua mamma lavorava in cucina, lei se ne stava buona lì dentro all’inizio sdraiata e dopo seduta gingillandosi con quei semplici giochini che gli intagliava nel legno il suo papà.

Come in ogni casa di agricoltori c’era il gatto che solitamente stava nella stalla o nel fienile, animale domestico indispensabile che a quei tempi aveva il compito di dare la caccia ai topi che imperversavano nel granaio e nelle rimesse e che ovviamente non era mantenuto a croccantini e scatolette.

Fufi un bel giorno iniziò ad avvicinarsi cautamente alla corga e la Brigida iniziò  a fargli una gran festa, ad agitare le manine e a fare i soliti gridolini, il micio in un primo momento la ignorò, poi allungò una zampina ….ma scappò via perché gli era volata vicino una ciabatta della Cesira.

Questo processo di avvicinamento però continuò nel tempo, fino a quando saltò dentro alla corga e si mise a giocare con la Brigida che pareva gradire moltissimo la compagnia del gatto, tant’è vero che quando Fufi non c’era lo cercava disperatamente implorando: “Mao, mao!”

Fatto sta che dopo qualche tempo chi entrava in cucina a volte si stupiva di vedere la Brigida serenamente addormentata nella corga abbracciata al gatto che faceva le fusa.

La cosa incredibile che aveva osservato l’Elide è che quando la Brigida iniziò a balbettare come qualsiasi bambino che vuole provare a chiacchierare, il gatto l’ascoltava con attenzione facendo ogni tanto qualche miagolio per cui aveva la netta impressione che si intendessero alla perfezione.

L’avvenimento che la lasciò un giorno a bocca aperta mentre sbucciava le patate fu quando uno dei  giochini preferiti della Brigida rotolò fuori dalla corga, la bambina farfugliò qualcosa al gatto indicando con la manina e l’animale lo andò a prendere e glielo riportò.

Decise di non dire nulla con nessuno, nemmeno con Amerigo.

La Brigida dimostrò ben presto di essere attratta da tutti gli animali, quando muoveva i primi passi e l’Elide sorreggendola per le braccia la portava a spasso per l’aia dove c’erano galline, oche, anatre mute non aveva affatto paura, voleva toccare le galline ed anche le oche scontrose, faceva gridolini di piacere e contentezza e incredibile le bestiole si lasciavano toccare senza scappare via. Poi voleva andare dai conigli, a vedere il maiale, nella stalla ad accarezzare le mucche.

Adorava poi andare a raccogliere le uova nel pollaio e il nonno le aveva fatto con i vimini un piccolo cestino solo per lei.

Quando iniziò a gattonare tentava sempre di prendere l’uscio di casa e andare nell’aia dove c’erano gli animali, un giorno la trovò seduta che teneva stretta al petto una gallina, l’animale con le ali abbassate sembrava in trance e faceva sommessamente un “Cò, cò, cò” di assoluta beatitudine.

Come dicevamo arrivò il mese di giugno e il giorno dello sposalizio di Berto con la Iolanda ed erano tutti in fermento, specialmente l’Elide in cucina.

L’accordo temporaneo fatto al tempo della nascita della Brigida per i noti problemi era che l’Elide si sarebbe occupata della cucina e la Cesira dei lavori esterni, dopo che quest’ultima ebbe assaggiato qualcuno dei manicaretti cucinati dalla nuora, pensò bene di fare diventare l’accordo  definitivo.

Infatti, tra i diversi pregi della Cesira c’era anche quello che era una gran golosona e costatato che la nuora riusciva anche con poco a mettere assieme il pranzo con la cena cucinando anche pietanze particolari e gustose al posto della solita polenta si sacrificò a cedergli il paiolo.

La mujêr d mi fiôl l’è acsè sacca e dabbla! Brîa adâta a sgubèr fóra da l’óss! Puvreina, mej cla stâga in cà a fèr da cuéna!” confidò la Cesira con tono falsamente compassionevole una domenica alle donne del borgo mentre uscivano dalla messa.

Zért che a vó Cesira  fèr da magnèr an ve mâi piaó! L’è stè  bèn fortunè Amerigo a tôr par mujêr l’Elide!”  commentò sorridendo sotto i baffi la Peppina mentre dava una gomitata nel fianco alla Giulia.

Mò csa dgiv? Mé a sån ‘na breva cûga!”, rispose piccata la Cesira

“Par fèr pulant, manfèt, mistoc, frizon, ma par tott al rest vó a sî na brûśa-pgnât!” replicò la Peppina, mentre la Giulia la tirava per il vestito e sottovoce mormorava: “Lâsè bän andèr Peppina…”

“Sòcc’mel… bòna lè, va fèr di grôgn Peppina!” replicò la Cesira dandole del tu molto arrabbiata e abbandonò, senza salutare, il gruppo delle donne sul sagrato della chiesa.

La Giulia che caratterialmente desiderava che tutti vivessero in pace e come diceva descrivendosi: “Par mé l é pèra anc trî” le corse dietro: “Via, via Cesira, la Peppina la scherza!”

La Cesira si voltò, tornò indietro, le andò vicinissima sotto al  viso, alzò il dito indice e sibilò: “… e vó Giógglia andè bän a scurżèr int la farènna! Parchè n’andè pr i vôster furmintón e an pinsèdi a èter invezi d’andèr  mócc’ mócc’, cme un can bastunè drè a la Peppina? ”.

La Giulia rimase con un palmo di naso a guardare la Cesira prendere furiosamente la strada di casa sbatacchiando qua e là borsetta della festa, la Peppina invece rideva non preoccupandosi affatto delle possibili conseguenze perché gestiva l’unica bottega del Borgo e ormai sapeva che la Cesira resisteva più che poteva a tornare a fare la spesa, ma sbollito il nervoso e finite le riserve di olio, zucchero, sale e fiammiferi una mattina si sarebbe ripresentata come se niente fosse accaduto.

Secondo gli accordi presi fra le famiglie degli sposi, dopo la celebrazione del matrimonio, il pranzo di nozze si sarebbe svolto presso i Veggetti.

E’ vero che  la tradizione prevedeva che il ricevimento di nozze avrebbe dovuto farsi a casa della sposa, ma la casa di Berto, molto più grande, aveva a disposizione una grandissima stanza con funzioni di magazzino e quindi più adatta per ospitare i numerosi  invitati.

Le donne di casa Fedeli dalla Serra scesero al podere dei Veggetti per mettersi d’accordo su chi faceva cosa.

La Gaudenzia madre della Iolanda con le di lei sorelle e la Desolina nonna paterna si resero disponibili a dare la massima collaborazione e in particolare avrebbero preparato il ripieno per i tortellini, che per comodità sarebbero stati fatti e stretti qualche giorno prima del gran giorno da tutte giù dai Veggetti, e non so quante  ruole di lasagne da cuocersi la mattina del  giorno del matrimonio nel forno della Cesira che invece doveva preoccuparsi di mettere su il pentolone del brodo e di preparare gli arrosti e i contorni. La Gaudenzia però l’avrebbe fornita due giorni prima di ben quattro conigli scuoiati e quattro galletti di primo canto spennati e sventrati. La famiglia della sposa avrebbe inoltre provveduto alla torta nuziale, ai confetti e ai beveraggi, quindi chiesero alla Cesira se poteva fare gli zuccherini considerato che come tutti sapevano la sposa era esclusa dalla loro preparazione se no era di cattivo auspicio.

Mo sóppa, par fer i zucarèn l’è un lavurèr  lóng cumpàgn la quaraisma!”  protestò la Cesira

Per chi non lo sa lo zuccherino assieme al confetto è il dolce tradizionale che veniva fatto in Appennino in occasione del matrimonio. Ai nostri giorni sono disponibili in qualsiasi periodo dell’anno, ma in passato si potevano gustare solo in occasione delle nozze.

E’ un biscotto tondo con il buco in mezzo, che ricorda appunto l’anello della fede nuziale, ricavato da un rotolo sottile di impasto fatto con farina, uova, zucchero e lievito aromatizzati con semi di anice, devono essere cotti nel forno ad una temperatura tale da farli risultare “cotti in bianco”, una volta sfornati sono glassati o come si dice “canditi” in un tegame con uno sciroppo di acqua, zucchero e liquore all’anice. Venivano poi posti in grandi ceste foderate di tela immacolata e distribuiti fuori dalla chiesa mentre gli uomini servivano qualche bicchierino di liquore e alla fine del pranzo con i confetti agli invitati.

L’Elide e la Cesira iniziarono quindi a prepararli subito, anche perché come detto la lavorazione era piuttosto lunga e se gli zuccherini riposavano anche qualche giorno era meglio così la glassatura si asciugava bene.

Il gran giorno si avvicinava, Berto aveva imbiancato la camera e la Iolanda aveva fatto trasportare con il carro grande l’armadio, il comò e i bauli con dentro il corredo e vari utensili, la Gaudenzia con le altre figlie accompagnate da due bambine poi avevano preparato il letto nuziale con le più bella biancheria ricamata del corredo ed una volta fatto avevano detto alle due bambine di saltarci sopra e di disfarlo per buon auspicio, quindi lo avevano ricomposto.

Il corredo contenuto nei bauli era poi stato esposto nella stanza affinché tutti vedessero cosa aveva portato in dote la Iolanda.

Dàgg’ d’incôsa!” esclamava soddisfatta la Gaudenzia e la Cesira annuiva con altrettanto compiacimento.

Iniziarono poi i grandi preparativi culinari.

Le donne dedicarono un intero giorno alla preparazione dei tortellini:  impastare e tirare a mattarello le sfoglie, tagliare i quadratini, riempirli e chiuderli.

I vassoi con non so quanti chili di tortellini ben coperti da leggerissima tela vennero risposti nella “conserva”, una specie di stanza interrata dove d’inverno veniva stivata e pressata la neve e il ghiaccio e che garantiva in mancanza del frigorifero la conservazione anche di derrate alimentari.

Venne poi l’ora di preparare la pentola del brodo e mettere in sale con gli odori gli arrosti.

Una mattina presto la Cesira si accinse ad andare nell’aia per scegliere un cappone che aveva conservato dal Natale e  due o tre galline vecchie da destinare alla pentola, nel frattempo stava arrivando la Gaudenzia e la Desolina con le cassette da cui spuntavano le lunghe zampe pelose dei conigli e le teste penzolanti dei galletti.

…. e scoppiò la tragedia….

…continua…..

Vai alle puntate precedenti qui; https://vergatonews24.it//?s=brigida

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