Rita Ciampichetti – La Brigida, cap.18: La Iolanda una sera a cena annunciò “A sån inzenta un’ètra vôlta!”
2024/09/23, Vergato – Rita Ciampichetti – La Brigida – Vicende di una famiglia dell’Appennino Bolognese e non solo: Capitolo 18 – Tempo di notizie dentro e fuori casa
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Capitolo 18: Tempo di notizie dentro e fuori casa
Dopo che la radio ebbe dato la tristissima notizia della tragedia di Marcinelle la Iolanda una sera a cena, sospirando, annunciò la sua.
“A sån inzenta un’ètra vôlta!”.
Tutti alzarono la testa dalla scodella dove l’Elide aveva appena versato un profumato minestrone fatto con tutte le verdure offerte dall’orto e la guardarono.
La Cesira interruppe quell’istante di silenzio dicendo: “Mo sócc’mel che lavurîr… dåpp såul zénc mes? E po’ vó a sî ancora drè a dèr la tatta….cum l’è pusébbil?”
La convinzione di quegli anni era infatti che fino a quando una donna allattava difficilmente poteva rimanere in stato interessante.
La Iolanda, abbastanza piccata le rispose: “L’è propi parchè a dâg ancora la tatta che al voster bèl fiol l’è andè a scât lébber… Iolandina, m’al dgeva in tl’uraccia dåpp dû tri ziricuclein…vén qué ch’at fâg dû simitón, csa vôt c’al suzed? T’è drè ad alatèr … e vai col liscio! E mé a sån stà freghè.. praggna dûra un’ètra vôlta! Ch’at vègna un azidèint !”
Berto chinò di nuovo la testa dentro la scodella senza fiatare, l’Elide e Amerigo si scambiarono uno sguardo in evidente stato di imbarazzo perché anche se all’osteria o in occasione di feste e raduni le battute salaci sul sesso erano frequenti, a quei tempi certi argomenti erano relegati solo a qualche intima confidenza con le persone più fidate.
La tensione fu sciolta da Adolfo che disse: “Via, via non è successo niente di male! Oh finalmente una bella notizia! Meglio una nascita che una malattia e nella nostra casa c’è posto per tutti… e adèsa mâgnen ‘sta bóna mnèstra prémma cla végna fradda, ai ò una śghéssa ch’a magnarêv i purtón dl infêren!”.
La Iolanda tenne il muso a Berto e fu scontrosa con tutti per un bel po’ e per amore della tranquillità in casa un po’ tutti si rassegnarono a sopportarla ed anche la Brigida si stupiva nel vedere quella zia sempre allegra girare immusonita per casa, ogni tanto la bambina si avvicinava alla culla dove il cuginetto Diego iniziava a gorgheggiare e a dimenarsi, ma sinceramente non la incuriosiva per niente, non era certo interessante come il vitellino appena nato nella stalla e nemmeno simpatico come i gattini che ormai grandicelli iniziavano a venire fuori dal loro nascondiglio nel fienile per giocare con lei.
Quindi dopo averlo guardato qualche istante scappava subito fuori per andarsi a rifugiare nel suo mondo in compagnia degli animali della fattoria.
Una mattina dei primi di ottobre l’Elide, che approfittando di un bel sole era fuori a dare aria alle imbottite che poi sarebbero state usate d’inverno, vide arrivare in bicicletta per la “cavedagna” Cornelio il postino.
Non erano certo molto frequenti le visite del postino e quindi dopo averlo salutato gli chiese: “Oh Cornelio che novità è questa, non ditemi che avete portato posta per noi?”
“Si, è arrivata una raccomandata da Torino e c’è da firmare la ricevuta di ritorno”, le rispose il postino.
“Allora accomodatevi in casa che facciamo il caffè, Adolfo è dentro, la firmerà mio suocero la ricevuta” disse l’Elide
Cornelio posò la bicicletta al muro ed entrò levandosi il cappello d’ordinanza, Adolfo che stava mettendo a posto la legna accanto al camino quando lo vide che gli porgeva con tutta la solennità del caso la raccomandata esclamò: “Cornelio, sperèm cla sia ‘na bôna nova”, firmò la ricevuta, la restituì al postino e prese la busta e iniziò a rigirarsela tra le mani sotto gli occhi subito spazientiti della Cesira che non si trattenne e sollecitò: “Dev mò un tâi Dolfo, l’avrì o no sta lèttra?”
“E’ di Carlino…” disse Adolfo guardando dietro il nome del mittente e poi prese un coltello da sopra la tavola, lo infilò un pochino sotto il lembo di chiusura e lentamente tagliò la busta, sfilò la lettera ed iniziò a leggerla in silenzio.
Ormai la Cesira non si conteneva più e proruppe in un più deciso: “Alàura cs’é suzès? Na d’sgrazia? Dio me mama ..acsè luntàn… pôver fiòl”
“No, Carlino l é inamurè cumpàgna un tòc e in nuvanber a se spòuṡa” replicò Adolfo che era arrivato alla fine della missiva e che tornò a rileggere a voce alta per rendere partecipi della novità il resto della famiglia:
“Cari babbo e mamma, vi scrivo questa lettera per dirvi che sto bene come spero di voi tutti a casa. Il lavoro va bene e ho avuto anche una promozione come operaio specializzato. Da sei mesi frequento una brava ragazza di Torino che lavora come impiegata nella stessa azienda ed abbiamo deciso di sposarci a novembre, qua usa così. Dal momento che ho bisogno di un testimone chiedevo se Amerigo assieme a voi babbo e mamma può venire a Torino il giorno prima delle nozze così avrete modo di conoscere la Cosetta. Comunque avevamo pensato di venire giù al paese per le feste di Natale così avrete modo di conoscerla meglio tutti. Scappiatemi dire. Un saluto a tutti. Il vostro Carlino”
“Al dgeva mè…na d’sgrazia! Pròpi na bèla còpia… ‘na piemuntesa l’aveva da cater cl’ imbezél ‘d Carlino! L’ha magnà pròpi al tatt d’ sô mèder da cinno! Chi l’è sta Cosetta? Chi i én sô pèder e sô mèder? Mò che brótt quèl!” iniziò a disperarsi la Cesira.
“Av arcord che vó a sî sô mèder con o sänza tatt, se Carlino ‘vôl c’andegna a Torino par al sô spusalezzi, andén a Torino” le rispose calmo Adolfo.
“Mo gnanc pr’insónni! Bôna grâzia c’an vaga fòra dal sparadèl dal tótt! Mé a stag a cà mia!” replicò la Cesira e troppo arrabbiata si tolse il grembiule e fece per prendere la porta di casa, si inzuccò in una imbronciata Iolanda che stava scendendo dalla camera da letto e ce ne fu anche per lei: “Bän mo cuṡ êl anc incû, al dé d San Grugnån? Dî só, s t è al narvåus métt al cûl a mój!” e così dicendo uscì dirigendosi verso la porcilaia, lasciando la nuora imbambolata sull’ultimo gradino della scala.
A tutta questa scena aveva assistito da un angolo il buon Cornelio che vista l’aria che tirava, rinunziando al caffè, preferì seguire fuori dalla porta la Cesira e dopo aver inforcato la fedele bicicletta finire il giro di consegna della posta.
Fu così che alla sera la notizia si era sparsa in tutto il Borgo ed anche al bar del Paese: Carlino Veggetti si sposava con una forestiera di Torino.
“Ma dai? Davvero? Conosciuta da solo sei mesi? Sarà già incinta…. sai come sono le ragazze delle città del Nord, più libere!”
“Si è fatto incastrare anche Carlino e i suoi l’hanno presa malissimo, non lo vogliono più vedere in casa!”
“La sposa subito perché dicono che è ricchissima e non se la vuole lasciare scappare.. dicono che è molto più vecchia di lui!”
“L’et sintò? Carlino Veggetti si sposa con una forestiera, forse una americana ricca più vecchia di lui e non tornerà in paese perché la Cesira ha detto che non lo vuole più in casa”
Nessuno immagina la capacità di stravolgimento della verità posseduta dalle chiacchiere che si rincorrono di bocca in bocca perché l’amor proprio di ognuno vuole avere il privilegio di arricchire la notizia con quel qualcosa in più che la rende un pochino più interessante ed appetibile alle orecchie dell’ascoltatore e così gli elefanti possono diventare rosa, gli asini si mettono a volare e chissà cosa altro può accadere.
Il giorno dopo, a mente più lucida, Amerigo fece la proposta di rispondere alla breve missiva di Carlino per approfondire l’argomento e capire da cosa era dettata l’urgenza del fratello di convolare a nozze, se aveva bisogno di un aiuto economico per le inevitabili spese e ottenere qualche informazione aggiuntiva sulla sposina per tranquillizzare la Cesira.
Dopo una settimana la bicicletta di Cornelio ripercorse la strada che conduceva al podere dei Veggetti per consegnare una seconda raccomandata che venne aperta subito alla presenza di tutti i componenti della famiglia ed anche a quella del postino che, sentendosi intimamente partecipe alla vicenda in quanto latore delle missive, si sentì legittimato a sedersi attorno al tavolo con gli altri in attesa della lettura.
“Cari babbo, mamma, fratelli e cognate, io e la Cosetta abbiamo deciso di sposarci dopo solo sei mesi non perché è rimasta incinta, ma perché ci vogliamo molto bene e non c’è nessun motivo per aspettare. Con la promozione il salario è aumentato, anche lei lavora come impiegata e possiamo contare anche sul suo stipendio. La Cosetta Rebaudengo oltre tutto è figlia unica, i suoi genitori sono benestanti, l’hanno avuta tardi e sentendosi già vecchi non vedono l’ora di saperla sistemata anche se ha solo ventidue anni come me, poveretti vivono solo per lei! Il padre faceva il capostazione e vivono in una bella casetta di proprietà fuori Torino dove andremo ad abitare anche noi. Così non dovendo affrontare da subito tante spese possiamo iniziare a risparmiare per i nostri futuri progetti. La data delle nozze è fissata per venerdì 2 Novembre, avevamo scelto l’1, ma essendo Ognissanti il parroco non poteva, così dopo possiamo contare sui successivi giorni di festa per un breve viaggio di nozze. Scrivetemi per dirmi chi di voi sarà presente. Saluti dal vostro Carlino”
“Tótt qué?” esclamò la Cesira.
Adolfo rigirò la lettera nell’altro verso, guardò dentro alla busta e rispose: “Tótt qué! Mò par mè al bâsta.”
“Né di Venere né di Marte, non si sposa non si parte, né si dà principio all’arte” sentenziò la Iolanda.
“Vener pazienza, mò l’è el dì di mort, alegher! E po’ al và a stèr in cà da lè, al n’ha brîśa vargagna? Chi porterà al bregh? Al pèder d’ lè!” piagnucolò la Cesira.
“Invezi l è fúrb cumpagna ‘na vaulp mi fradèl Carlino, al và in cà par al buclèr dal purzîl!” ribattè Berto.
L’Elide che non aveva ancora ben compreso certi modi di dire, si voltò verso Amerigo con sguardo interrogativo.
Amerigo sorrise e le spiegò che si usava dire così quando uno, sposandosi, anziché portare la sposa in casa propria, si sistemava presso di lei, andando a convivere con gli suoceri.
In questo modo, rinunciando ad un po’ di autonomia, si metteva però al riparo da ogni responsabilità per cui come il maiale nel porcile poteva mangiare e bere senza eccessive preoccupazioni, assicurandosi un mantenimento sicuro.
A questo punto Amerigo intervenne: “Ho stima di mio fratello Carlino, basta vedere dove è riuscito ad arrivare e quindi anche questa sua scelta sono convinto che l’abbia fatta usando il cervello. Dobbiamo solo decidere chi di noi andrà su a Torino al matrimonio, non possiamo certo fargli il torto di non essere presenti”
Cornelio che fino ad allora era stato in silenzio picchiò il pugno sul tavolo esclamando: “Dåpp avair sintó un mócc’ ed bagianè, fenalmänt a i ò sintó ón dscårrer con dal sèl! A v salût la mi zènt, mé a vâg a finîr al mi gir dla posta!” e così dicendo si alzò felice di avere quest’altra succosa novità da raccontare.
Considerato che già nella prima lettera Carlino aveva espresso il desiderio di avere come testimone il fratello maggiore e che Berto non se la sentiva di lasciare sola la Iolanda già così arrabbiata per la nuova gravidanza, venne concordato che a Torino sarebbero andati solo Amerigo con il padre, la Cesira rimase irremovibile sul suo proposito di non muoversi da casa.
Qualche settimana prima della partenza di Amerigo e Adolfo però la Cesira venne presa da un attacco di rimorso pensando a quel matrimonio di Carlino in terra straniera senza la possibilità di godere di nessuna delle loro tradizioni per cui convinse l’Elide ad aiutarla a fare almeno un po’ di zuccherini da mandare su a quel povero figliolo.
“Mamma, ma volete che ci tiriamo dietro anche un pacco con gli zuccherini? Dobbiamo cambiare non so quanti treni! State mò dunque tranquilla, se gli sposi come detto vengono giù per le feste di Natale, faremo loro un pranzo invitando anche qualche amico e parente!” le disse spazientito Amerigo, ma non ci fu nulla da fare, la Cesira non si mosse dal fermo proposito di volere fare arrivare a quel figlio così lontano che si stava sposando con una straniera il ricordo della sua terra con il profumo di zucchero candito e anice degli zuccherini degli sposi.
….continua
Rita Ciampichetti, 2024
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