Rita Ciampichetti – La Brigida, cap.23: “Al s’avanza ‘d paghèr dal marchett, parchè po’ quand al vänt scòsa la fiòpa a tótti äl dòn tîra la gnòca!”

2024/10/13, Vergato – Rita Ciampichetti – La Brigida – Vicende di una famiglia dell’Appennino Bolognese e non solo: Capitolo 23 – Voglia d’Amore

Hai perso le puntate precedenti? Niente paura clicka qui e parti dalla numero uno… un regalo di Rita ad amici e ammiratori!

Vai alle puntate precedenti qui; https://vergatonews24.it//?s=brigida

Capitolo 23Voglia d’Amore

Dopo una lunga battaglia, che solo la determinazione di una donna poteva portare avanti per più di dieci anni, nel febbraio del 1958 fu approvata la legge che chiudeva le case di tolleranza, altrimenti detti “casini” anche da quelle parti dell’Appennino.

La senatrice socialista  Angelina Merlin, detta Lina era riuscita, andando contro agli stessi suoi compagni di partito e alle lobby di interesse che giravano attorno al business delle “case chiuse”, a fare approvare dal Parlamento la sua proposta di legge  per l’abolizione della regolamentazione della prostituzione e per la lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui a protezione della salute pubblica.

La lobby di interesse vedeva in primis come protagonista lo stesso Stato Italiano in quanto gerente, garante e beneficiario di parte delle entrate derivanti dall’esercizio del “mestiere” più antico del mondo che però, svolto in tal modo vale a dire sotto la tutela dello Stato, nel 1948 venne decretato come attività lesiva dei diritti umani dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite.

Quando nel 1955 l’Italia fu ammessa nell’ONU fu vincolata al rispetto di questi principi per cui questo obbligo fornì una ulteriore arma in mano alla senatrice Merlin nella sua lotta per l’abolizione di quella sorta di schiavitù legalizzata della donna.

La nuova normativa diede sei mesi di tempo per la chiusura delle case, ma per l’aspetto dello sfruttamento fu applicata subito e alla fine di marzo del 1958 a Bologna si effettuò la prima operazione di polizia con una irruzione in un appartamento in via Centotrecento e l’arresto della tenutaria del “casino”.

Sfortunatamente il  Conte Leopoldo Michelangelo Ludovisi Alberti al momento della irruzione si trovava in costume adamitico, salvo i calzini neri sorretti dalle giarrettiere, nell’alcova rosa antico della Wanda nota professionista arrivata con l’ultima quindicina.

Il fatto provocò un certo scalpore sia in Paese che nel Borgo poiché il “Sgnour Cånt”, come da tutti veniva chiamato, era proprietario di un certo numero dei poderi meglio posizionati in quei luoghi.

Durante la bella stagione amava partire dalla tenuta della ………….. con il suo calessino trainato da una cavallina bianca e scorrazzare per le sue proprietà  che peraltro diminuivano sempre di più con il passare degli anni.

Purtroppo il Conte era l’ultimo rampollo di una nobile famiglia bolognese che probabilmente si sarebbe estinta con la sua morte in quanto Leopoldo non si era mai sposato e non aveva discendenti, almeno legittimi o legittimati. Caratterialmente apparteneva alla specie dell’uomo dai molti vizi e dalle poche virtù: libertino, amante della bella vita sperperava il patrimonio costruito nei secoli dai suoi antenati in viaggi, donne e gioco d’azzardo.

Quest’ultimo in particolare era la sua passione e dannazione anche perché essendo un bell’uomo lo si poteva ritenere fortunato in amore ma, come insegna il proverbio, per la legge di compensazione era altrettanto sfortunato nel gioco.

Il conte da giovane amava frequentare il Borgo e precisamente un tavolo da gioco  alla Locanda del Passatore dove si giocava alla bassetta con poste molto alte, gioco d’azzardo proibito e quindi svolto di notte in clandestinità.

Il tavolo era frequentato per lo più da piccoli proprietari ed artigiani, ma anche dal giovane Virgilio Fedeli  futuro nonno paterno della Iolanda.

Virgélli dla Costa era un ragazzo sveglio che non gli andava poi tanto di lavorare nei campi fino ad ammazzarsi, in compenso era molto abile con le carte e per un caso fortuito riuscì una sera a partecipare ad una partita di bassetta che si concluse quasi all’alba, ma che gli fece vincere il podere della Serra che il  Sgnour Cånt aveva messo nel piatto come ultima posta dopo aver perso tutto il contante a disposizione.

Leopoldo Michelangelo Ludovisi Alberti, ligio alla deontologia del giocatore corretto, pagò regolarmente con nonchalance la perdita e Virgélli dla Costa, al sorgere del sole di quel nuovo giorno, si ritrovò non più semplice bracciante ma proprietario di un piccolo podere, si sposò con la Desolina dando origine ai Fedeli dla Sera, purtroppo sarebbe deceduto poco prima della fine della guerra per una peritonite.

Tornando in argomento la notizia della prossima chiusura delle case di tolleranza, tranne per il gustoso episodio capitato al “Sgnour Cånt”, non è che sconvolgesse più di tanto gli uomini del Borgo che, ovviamente per distanza dalla città e per indisponibilità monetaria, incontravano una certa difficoltà per usufruire  di quel particolare servizio e si accontentavano della descrizione di quei luoghi di piacere e perdizione sussurrata dai mercanti di animali e frutta che passavano e si fermavano per commercio e affari nei poderi e all’osteria.

Chissà adèsa comm al farà al Sgnour Cånt se i srerèn i caśén?” disse Giuseppe della Ca’ Nova una sera in osteria mentre si faceva una mano di tresette  con gli amici.

L’ha ‘na béla pòra al Sgnour Cånt, po’ csa pensèt c’an cata brîsa la manîra ‘d fèr l’amåur anc gratis?” gli rispose Cornelio e calando un re aggiunse: “A boss a copp!”

An ié dóbbi…mò se aj piès d’ andèr a putèn da caśén…” osservò Oreste il campanaro rifiutando coppe con uno scartino di spade.

“Al s’avanza ‘d paghèr dal marchett, parchè po’ quand al vänt scòsa la fiòpa a tótti äl dòn tîra la gnòca!” sentenziò sghignazzando Vittorio del Poggio e rispondendo prontamente al busso del suo compagno calò l’asso di coppe che venne immediatamente mangiato da Giuseppe con il tre.

Va’ bèn a fèr dal pugnàt Cornelio! As pôl savair cs’èt in men par bussèr a cåpp?” urlò Vittorio al compagno precedendo l’improperio con una bestemmia che incendiava l’aria.

Sò anca  me… al re terz ‘d cåpp… on po’ al bossa con quall cla in men…” si scusò sommessamente Cornelio

Al trîsèt l’è al zûg di mótt…an s pôl brîśa dscårrer e fér di sèggn” sentenziò Oreste.

Èt al bruśacûl Vitóri?” chiese ridendo Giuseppe

A t’al credd…m’avì magnà la pgnâta!” rispose Vittorio 

Par fôrza… mé ai ò al ventzénc terz! Ma par turner al dscàurs ‘d prémma, al Sgnour Cånt al po’ sànpcr andèr da l’Andrècca dla Casozla! T’èt stà anca te Vitòri? Aj scumétt! Se n’è brisa vera am taj i maròn!” domandò  prendendolo in giro Giuseppe.

Mè da l’Andrècca? T tira al cûl o t scòsa un dänt Ióffa? An i al darêv gnanc inscartuzè!” rispose piccato il bel Vittorio!

Biśåggna méttrel in cånt che quand ón al stuzîga al pròsum, bän e spass al ciâpa al sô avair: l’é una rêgola!” cantilenò sempre sottovoce Oreste guardando Giuseppe.

L’Enrica Battaglia, soprannominata l’Andrècca dla Casozla era una povera donna che dalla vita aveva ricevuto ben poco.

Era l’unica figlia di due braccianti che facevano fatica a mettere assieme il pranzo con la cena e che la lasciarono presto orfana. Per non patire la fame, ancora adolescente, aveva sposato senza amore Pasquale, Pascuèl dla Casozla, un uomo molto più vecchio di lei e brutto come la fame, ma d’altra parte anche con l’ Andrècca Madre Natura non era stata generosa, in viso non la si poteva guardare, per il corpo invece le aveva elargito tutto quello che una donna può desiderare di possedere.

Poco prima della guerra il marito era partito per le colonie lasciandola sola con due bambini piccoli promettendole che appena sistemato e fatto fortuna l’avrebbe chiamata là in Africa.

Per un po’ di anni gli erano arrivati regolarmente soldi a sufficienza per potere tirare avanti, ma gli intervalli di tempo tra un vaglia e l’altro diventarono sempre più lunghi fino a cessare del tutto e non si ebbe più nessuna notizia della sorte di Pasquale

La donna si trovò nella condizione di dover lavorare, ma non sapeva a chi lasciare i figli piccoli, la Casozla era oltretutto una posto isolato quindi o prendeva la decisione di sistemare i bambini in un orfanotrofio a Bologna in modo da essere libera di andare a servizio e poterli mantenere o di fare altre scelte.

L’ Andrècca dopo averci pensato a lungo decise, per amore dei figli dai quali non si voleva separare,  di dare amore agli uomini che ne avevano voglia, alla Casozla, di notte quando nessuno vedeva e i bambini dormivano, chiedendo  in cambio quel poco, anche in natura, che le serviva per far sopravvivere la sua famiglia.

Chi andava a trovare l’ Andrècca? Anziani scapoloni, ragazzi che volevano fare la prima esperienza, anche qualche uomo sposato per curiosità o per provare un’altra minestra.

Le donne lo sapevano, mormoravano, facevano battute “L’Andrècca dla Casozla la dà in afétt la bartòca”, ma nessuna ebbe il coraggio di farle delle cattiverie perchè la donna era la quintessenza dell’umiltà e della discrezione. Quando si recava al Borgo per comprare qualcosa alla bottega girava a testa bassa e non parlava con nessuno, a volte andava anche in Chiesa alla prima Messa del mattino, si metteva dietro una colonna, non si confessava e non si comunicava, pregava e basta.

Don Basilio sospirava nell’osservare come diceva lui “quella pecorella smarrita come la Maddalena”, ma temeva di avvicinarla, non la voleva mettere in imbarazzo e non voleva imbarazzarsi nemmeno lui.

Poi un giorno la Giulia, preso il coraggio a due mani, si era avvicinata all’ Andrècca e le aveva chiesto perché non si confessava e questa le aveva risposto: “Parchè mé a sån ‘na provra d’sgraziè che an pôl brîa prumétter d’an fèr piò al  pchè che vò savì benessum! Am cunfsèrò un dè….. ‘na vôlta par tótt e Crésst capirà!”, la Giulia l’aveva guardata con compassione toccandole un braccio senza replicare.

L’ Andrècca rimase anche incinta e partorì una bambina e non disse mai chi poteva essere il padre, così gli abituali frequentatori diventarono ancora più generosi nel sospetto mai soddisfatto che quella bimba potesse essere la loro.

Alla mezzanotte del 20 settembre 1958 in Italia le “case chiuse” cessarono la loro attività con malinconiche feste di addio, questo non fece certo sparire dall’Italia lo sfruttamento della prostituzione e non cambiò nemmeno la vita all’ Andrècca.

I primi due figli, ormai grandi,  erano andati a lavorare in Germania e le mandavano qualcosa, ma lei forse ormai per abitudine aveva continuato a “ricevere”.

I clienti più affezionati andavano a trovarla a volte solo per parlare, per farle delle confidenze, altre per sfogarsi di una pena e chiedere consiglio e la donna, con la stessa generosità con cui aveva offerto il suo corpo, pazientemente li ascoltava, magari davanti ad una tazza di caffè o a un bicchiere di vino perché la voglia d’amore non si soddisfa solo facendo sesso.

Ea iniziato il mese di ottobre e la vita dai Veggetti proseguiva con la solita certezza della quotidianità resa forse più chiassosa dalla presenza dei bambini che crescevano e facevano riecheggiare dentro e fuori casa grida, risate, pianti e litigi.

Una tranquilla certezza che non faceva certo presagire gli sconvolgenti avvenimenti che avrebbero di fatto decretato l’inizio della fine di quel piccolo mondo.

…..continua….

Rita Ciampichetti, 2024

Vai alle puntate precedenti qui; https://vergatonews24.it//?s=brigida

Vuoi contattare Rita Ciampichetti? La trovi qui; https://www.facebook.com/rita.ciampichetti

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella privacy policy.<br>Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera,<br>acconsenti all'uso dei cookie.<br> Maggiori informazioni

Dati personali raccolti per le seguenti finalità ed utilizzando i seguenti servizi

  • Statistica - Wordpress Stat
    Dati Personali: Cookie e Dati di utilizzo
La privacy policy completa può essere consultata alla pagina dedicata.

Chiudi