Rino Nanni – La Liberazione a Vergato: Quando mi spostai verso la stalla ed il portico, vidi un uomo seduto su un sasso…
2023/01/31, Vergato – Uno che rientra dopo un conflitto mondiale e relativo sfollamento, a casa propria, cosa trova?
Erano i tempi senza mezzi di comunicazione, senza cellulari e telefoni, niente internet e come posta il passaparola. Un periodo della storia di Vergato da esplorare… i ricordi di un ragazzo di diciassette anni a quel tempo.
LA LIBERAZIONE (16 – 18)
Fu un pomeriggio primaverile, pieno di spie, e, di speranze, pieno però anche di ansia perché tutti i rapporti erano da mesi interrotti fra i componenti della famiglia, quello del 26 aprile 1945, quando giunsi, dopo una marcia durata una notte e tutta la mattinata, dalla pianura oltre Calcara al Casone di Sopra. Avevo un sacco con quel poco di vestiti che ero riuscito a portare con me quando fummo forzatamente allontanati da casa, che avevo utilizzato per tutto l’inverno, lavandoli da me, pieni di pidocchi che la mia inventiva ( li avevo persino lasciati due giorni e due notti nel torrente Ghiaia, sotto il ghiaccio e coperti di sassi ) non era riuscita ad annientare.
Anzi riprendendo i vestiti dopo la cura del “freddo”, i pidocchi erano arzilli e pieni di vitalità. Sono stato preso in giro molte volte per questa trovata che a me era parsa geniale.
In tasca avevo 80 lire. Mezza pagnotta offerta dal contadino che ci aveva ospitati e un pezzo di formaggio. Non sapevo cosa e chi avrei trovato, nè cosa avrei fatto, ma questo problema non mi interessava, ci sarebbe stato tempo, ora la questione era quella di rimettere insieme la famiglia.
Il primo sguardo all’insieme dei fabbricati non fu incoraggiante, ma nemmeno tale da provocare disperazione. C’era molta sporcizia ovunque, porte e finestre divelte o fracassate, muri sbrecciati, i silos scoperchiati, ma nell’insieme la casa era in piedi, l’erbaccia sull’aia stava appena crescendo e non ci sarebbe voluto molto a ricreare un ambiente di vita.
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Quando mi spostai verso la stalla ed il portico, vidi un uomo seduto su un sasso, con lo sguardo rivolto lontano. Si voltò: era Renato giunto appena mezz’ora prima di me, che non sapeva che fare non avendo notizie di alcuno. Sedetti anch’io, mangiammo il pane e il formaggio e ci scambiammo reciprocamente le notizie che avevamo. Seppi allora dei combattimenti di Monte Fiorino, della fine della libera repubblica, delle zone ove avevano agito, del suo passaggio dall’altra parte del fronte, del suo rifugio a Monzone dai nonni.
Poi smettemmo di parlare e ci mettemmo a fare un po di pulizia, nelle stanze, in cucina, facemmo l’inventario di quel poco che era rimasto e di quanto fosse utilizzabile. Lasciammo stare la stalla, il fienile, il portico, tanto non c’era nulla di immediato, nè un capo di bestiame, nè una cosa urgente da salvare.
Verso sera vedemmo arrivare il babbo, la mamma e Fonsino portato a spalla che avevano percorso a piedi il tratto S.Lorenzo in Collina – Casone di Sopra di Vergato e cioè circa 40 Km. pur considerando tutte le scorciatoie possibili. Immagino più che ricordare il loro stato, data la contentezza di ritrovarci. La mamma già sapeva della morte della nonna e della zia Silvia col marito. Non avevamo notizie recenti di Franco ancora ricoverato al S.Luigi, che la mamma pochi giorni dopo andò a trovare facendo il viaggio, sia di andata che di ritorno, in parte a piedi e in parte facendo l’autostop a mezzi militari, gli unici a circolare in quei giorni sulla Porrettana.
Mettemmo insieme tutte le nostre risorse, mi pare arrivassero a 180 lire e ricominciammo a mettere in ordine casa e dintorni. Trovammo qualche pezzo di mobile in giro (una credenza a Serra di Gatto), togliemmo dal fango un pò di biancheria usata dai tedeschi, recuperammo del grano dai silos, cavandocela alla meglio, senza sale nè olio, nè carne, ma riprendemmo in sostanza a vivere.
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Andammo a raccogliere il granoturco rimasto nel campi, facemmo macinare un po di granaglie e nel frattempo arrivavano anche gli sfollati per raccogliere quanto era rimasto e insieme riuscimmo a cavarcela.
Alla fine di maggio andammo a prendere Franco usando un primo rudimentale camion che faceva servizio di linea e trovammo un piccolo alloggio alla Ghiaia, dalla famiglia Rubini che era stata sfollata al Casone.
La casa non era nè adeguata, nè pienamente abitabile, come del resto tutte le altre dopo i mesi di abbandono, gli scontri a fuoco avvenuti nell’inverno ed i bombardamenti aerei precedenti. Vergato era un punto strategico importante nella vallata: la ferrovia, la statale, i numerosi ponti che ricondano il paese, i depositi militari. Così i bombardamenti che cominciarono poco dopo l’ 8 settembre, si susseguirono in continuazione.
Alla Liberazione Vergato assieme a Pianoro ebbero il triste primato del maggior indice di distruzione. I dati ufficiali calcolarono che l’ 85% delle abitazioni erano o distrutte insicure perché pericolanti.
Fummo tutti d’accordo di abbandonare il lavoro di mezzadri, sfruttato fino all’incredibile, sempre pieno di debiti, tanto più che avremmo dovuto, con 180 lire, ricostruire l’attrezzatura, il bestiame, le sementi ecc. e per tutto quell’anno non avremmo avuto raccolto.
Si operò così quella svolta che negli anni seguenti sarebbe stata comune a molti.
Rino Nanni – ESPERIENZE E RICORDI DEL PASSATO Aprile 1945 – Ottobre 1981
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Nella prossima puntata: LE NOSTRE ORIGINI
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