Enrico Carboni – Ville e villini liberty a Vergato
2015/11/26, Vergato – Vergato nei suoi aspetti più noti ma non “notati”. Il liberty a Vergato? Enrico Carboni dopo il Foro Boario di Vergato e Il Vergatello ci porta a scoprire;
Ville e villini Liberty a Vergato
I ventitré bombardamenti alleati piovuti a Vergato durante l’ultima guerra hanno distrutto gran parte del patrimonio edilizio storico del paese. Quel poco poi che era rimasto in piedi, ancorchè danneggiato, è stato demolito e ricostruito nell’immediato dopoguerra senza tenere in nessuno conto ciò che c’era prima, spinti da una inconsapevole volontà di cancellare il passato, una damnatio memoriae giustificata dalla necessità di ricostruire in fretta per consentire la ripresa di una vita nuova. L’ultimo esempio-scempio di questo periodo può esser considerata la demolizione della casa del “biondo” con relativo ballatoio e annesso portico quattrocentesco, avvenuta alla fine degli anni 60, per fare posto ad una anonima nuova costruzione proprio di fronte al palazzo comunale.
Foto 1 – Ecco come si presentava la Piazza di Vergato ai primi del ‘900, sullo sfondo la casa del “Biondo” alla quale si accedeva attraverso una scala esterna e il ballatoio a tre luci del primo piano; a dx, accanto alla scala, si trovava il portico quattrocentesco di Via Bacchetti. Archivio A. Marchi
Pur non trattandosi di beni architettonici importanti, rappresentavano comunque un tessuto urbanistico – edilizio che si era consolidato nei secoli a partire dalle origini del paese fatto di case, torri, locande, osterie, botteghe di artigiani e commercianti, strade, vicoli, portici di indubbio valore storico. La guerra e il dopo guerra lo hanno in gran parte cancellato e a noi non resta che tentare di conservarne la memoria attraverso le immagini che per fortuna non mancano e che stanno riaffiorando dai cassetti dei ricordi dei Vergatesi.
Foto 2. La piccola piazzetta (Selciatella?) a fianco del Bar Pedrelli, con l’antica osteria della Castellata, la scaletta che portava in via Canale, la torre quattrocentesca, la casa con balchio e sotto la bottega “dal mardon”dove si vendeva di tutto, in una cartolina del 1906. Archivio Alfonso Ferri
Sorte per fortuna diversa è toccata a quattro edifici (Ville e villini) costruiti fra la fine dell’800 e i primi decenni del novecento secondo i dettami dello stile liberty allora in voga e che la guerra ha risparmiato. Queste quattro eleganti costruzioni, sono esempi di un liberty piuttosto semplice, che trova riscontro più negli elementi compositivi (la scalinate di accesso, le immancabili torrette, i volumi arrotondati, il bugnato piatto che caratterizza il rivestimento dei piani terra, i fregi e le modanature di porte e finestre), che nei grandi decori floreali che caratterizzano il liberty autentico e che sono quasi del tutto assenti. Rappresentano comunque una nota di modernità in un panorama edilizio del paese che doveva essere generalmente povero e degradato.
Foto 3. La Villa Burdese come si presenta nel 1945, alla fine della guerra, con evidenti danni che però non ne hanno messo in crisi la struttura e che quindi ne hanno consentito un rapido restauro. Archivio A. Marchi
Foto 4. La Villa Burdese divenuta Piccinelli con l’accesso in Viale delle Rimembranze, un tempo Umberto I, in una cartolina viaggiata nel 1941. Archivio Alfonso Ferri
L’unica ad aver subito danni significativi dalla guerra, (vedi Foto 3) è forse la più antica e quella che ha ispirato la costruzione delle altre, anche se non ho trovato elementi certi per risalire alla precisa data di costruzione dei singoli edifici ed ho dovuti ricorrere a criteri empirici per collocarli nel tempo. I pochi elementi trovati fanno comunque ritenere che la prima costruzione in stile liberty sia stata la “Villa Burdese “ (poi Piccinelli, oggi Fini), collocata in fregio alla strada porrettana e con l’ingresso principale in viale Umberto I, di fronte alla Piazza d’armi/ Foro Boario/ Piazza del Mercato.
Foto 5. Villa Burdese (poi Piccinelli, oggi Fini) nel 1902. Archivio Alfonso Ferri
La famiglia Burdese, proveniente dal Piemonte, si insedia a Vergato nella seconda metà dell’800, divenendo proprietaria della filanda dei Serini. Già di proprietà del conte Ferdinando Zucchini nel 1880 viene acquistata dai fratelli(?) Antonio e Giovanni Battista Burdese in società con i fratelli Bonino, dando vita alla ditta Burdese – Bonino che gestisce in quegli anni anche il mulino dei Serini con una ventina di operai tra i quali 5 mugnai. Nel 1881 il mulino viene ammodernato in termini assolutamente innovativi, raggiungendo una capacità produttiva di circa 600 quintali al giorno di buonissima farina molto ricercata dal mercato.
Questa capacità di innovazione nel settore della macinazione delle granaglie ottiene riconoscimenti a livello nazionale. Nel 1884 il Mulino Burdese-Bonino partecipa con i suoi prodotti all’Esposizione Generale Italiana in Torino risultando premiato con la Medaglia d’oro. Nello stesso anno Giovanni Battista Burdese di Vergato, come risulta dalla Gazzetta Ufficiale del Regno di Italia, viene insignito del titolo di Cavaliere di Malta per i suoi meriti imprenditoriali, per cui si deve ritenere che in quel periodo risieda a Vergato e abiti nella “Villa Burdese” già costruita.
La seconda in ordine di tempo e anche di importanza sembra essere il “ Villone Gentilini” nella denominazione con la quale era conosciuta in paese nel dopoguerra, mentre in origine si chiamava “Villa Matilde” dal nome della moglie di Pietro Gentilini che l’aveva fatta costruire.
Foto 6. In questa foto del 1945 si vedono in primo piano le macerie della chiesa di Vergato distrutta e rasa al suolo dai bombardamenti dell’agosto 44, nello sfondo invece il “Villone Gentilini” è ancora in piedi e sembra in buono stato di conservazione. Archivio Alfredo Marchi
Per cercare di ricostruire la storia del “Villone “ è necessario ripercorrere la vita di questo intraprendente vergatese ormai completamente dimenticato, eppure uomo di grandi capacità e ingegno: Gentilini Pietro nasce il 13 sett. 1856 a Vergato, da Matteo e Rosalinda Nannetti, di estrazione contadina. Constatata la mancanza di reali prospettive nell’ambito dell’attività familiare e del paese, giovanissimo, decide di recarsi in Inghilterra per apprendere gli elementi base della panificazione e dell’arte dolciaria.
Prima di intraprendere un’attività propria, decide inoltre di compiere un’ulteriore esperienza formativa e si reca, verso la metà degli anni Ottanta, in Uruguay, a Montevideo, dove si trattiene per un periodo di circa cinque anni, fabbricando biscotti per il mercato locale e apprendendo i rudimenti organizzativi e amministrativi della gestione d’impresa. Alla fine degli anni Ottanta, torna in Italia, intenzionato a avviare finalmente una ditta propria che apre infatti a Roma nel 1890 in Corso Umberto 66, per trasferirsi poi agli inizi del ‘900 nel quartiere Salario fuori Porta Pia, ampliando notevolmente la produzione e i dipendenti.
Nel 1957 i discendenti trasferiscono la fabbrica di biscotti nella zona industriale romana di Via Tiburtina dove ancora oggi ha sede, di proprietà sempre della famiglia Gentilini giunta alla terza generazione, mantenendo la stessa ragione sociale originaria: Fabbriche Biscotti Pietro Gentilini s.r.l. alla memoria del suo fondatore, al quale il Comune di Roma ha intitolato una via nel quartiere Torre Angela. Pietro Gentilini muore il 1° luglio 1943, a Vergato, suo paese d’origine, nella Villa Matilde, dove si era ritirato delegando la gestione della fabbrica di Roma ai suoi diretti discendenti. Sappiamo quindi che fu costruita da Pietro Gentilini, che fu dedicata alla moglie, una signora di Torino di nome Matilde Robiolio che gli diede 8 figli e che il Gentilini venne a morirvi nel 1943, ma non sappiamo ancora quando fu costruita.
Foto 7. La Villa Matilde in una cartolina viaggiata nel 1928. Notare l’elegante scalinata che conduce al patio d’ingresso semicircolare, il sovrastante elegante terrazzo, il fregio floreale che orna la torretta e che corre sotto tutto lo sporto di gronda. Archivio Alfonso Ferri.
Una indicazione utile ci può venire dal fatto che avendo l’accesso sulla “strada nuova”, la villa Matilde sarà stata costruita dopo la realizzazione di questa variante stradale che collegò direttamente la località Palazzina con il bivio per Zocca, escludendo dal centro del paese il traffico della Porrettana e che sappiamo essere avvenuta negli anni della 1a Guerra mondiale. Come sempre succede in questi casi ci fu nel paese una lunga discussione che sfociò in pesanti tumulti fra coloro che volevano l’opera e quelli che si opponevano, fra i quali anche il sindaco di allora Ing. Monari che si trovava in un palese conflitto di interessi passando la nuova strada su terreni di sua proprietà (il giardino della casa Monari è stato infatti almeno dimezzato dalla “strada nuova”. (Leggere in proposito la testimonianza diretta di Arturo Colombi alla pag. 22 di Vita di Militante – Editori Riuniti). Si può quindi ragionevolmente concludere che la Villa Matilde sia stata costruita dopo la “strada nuova” cioè negli anni seguenti la 1° Guerra Mondiale, e certamente prima del 1928 secondo quanto indicato dalla cartolina di Foto 7, da un vergatese, Pietro Gentilini, affermato imprenditore in Roma che non dimentica il suo paese d’origine, dove costruisce una villa importante nella quale non solo viene in vacanza durante l’estate, ma dove decide di venirvi a concludere la sua esistenza nel 1943. I suoi discendenti non sono da meno quando negli anni 60 donano la villa Matilde, che nel frattempo è diventata per i vergatesi il “Villone Gentilini”, alla parrocchia di Vergato senza nulla chiedere in cambio. Se il comune di Roma gli ha dedicato per i suoi meriti imprenditoriali una strada, il Comune di Vergato non dovrebbe essere da meno.
Foto 8. Villa Matilde in una cartolina viaggiata nel 1936. In evidenza in primo piano il muro e la grande balaustra in arenaria che la separa dalla strada nuova. Archivio Alfonso Ferri
Dello stesso periodo sembra essere il villino liberty noto come il “dispensario” , collocato lungo la porrettana di fronte all’ospedale. In effetti nel 1930 era già classificato come Dispensario d’Igiene Sociale e come tale compariva nella rassegna fotografica del comune di Vergato che celebrava le eccellenze del paese e del governo fascista. In verità il villino era già costruito e abitato nel 1921 perché proprio in quell’edificio avvenne l’attentato dinamitardo contro Fulgeri Armando, nato a Vergato nel 1881, segretario del neo costituito fascio italiano di combattimento sorto a Vergato in quegli anni, che lo abitava con la famiglia. Fortunatamente nessuno si fece male, ma la colpa dell’attentato fu attribuita agli anarchici/comunisti della Ghiaia (fra i quali Arturo Colombi) che furono subito arrestati e imprigionati per esser poi scarcerati dopo alcuni mesi per l’insussistenza delle prove. (in proposito leggere l’articolo di Tiberio Collina, pubblicato su Nueter n. 53 del 2001 e Vita di Militante –Editori Riuniti di Arturo Colombi). Si tratta dello stesso Fulgeri Armando che ritroviamo Sindaco di Vergato nel 1925 in occasione della visita del Principe Reale per inaugurare il monumento ai caduti e che negli anni 30 si rende protagonista di un efferato delitto d’onore uccidendo a colpi di pistola il Dott. Lanzarini Adelmo, reo di avergli insidiato con successo la moglie.
Foto 9. Il villino Fulgeri, trasformato nel 1930 in Dispensario di Igiene Sociale, nel periodo di suo massimo splendore. Notare l’elegante scala di accesso con il sovrastante terrazzino, il rivestimento in bugnato piano, le cornici alle finestre ed il fregio decorato sotto lo sporto di gronda. Archivio Amleto Gardenghi.
Il quarto villino preso in esame si trova in località palazzina in fregio alla strada Porrettana ed aveva in origine il nome di “Villino Ada” come risulta dalla foto 10.
Foto 10. Villino Ada in una cartolina viaggiata nel 1934 che ci consente di ritenere che la costruzione sia avvenuta qualche anno prima, tra il ’20 e il’30. Archivio Alfonso Ferri
Foto 11. In una foto del 1945 a fianco della Palazzina Predieri, danneggiata dalle bombe, il Villino Ada sembra intatto. Notare gli elementi liberty anche sulla palazzina Predieri: le finestre con cornici e il terrazzino al primo piano sopra la porta d’ingresso. Archivio A. Marchi
Come per il Villino Fulgeri sorto come abitazione privata poi divenuto (1930) struttura pubblica, anche il Villino Ada cambia destinazione d’uso e da abitazione privata diventa struttura ONMI (Opera Nazionale Maternità e Infanzia) costituita nel 1925 dal Governo fascista per tutelare l’infanzia e la maternità. L’ONMI viene sciolto nel 1975 e le sue funzioni vengono affidate alle regioni nell’ambito del servizio sanitario nazionale (SSN), i suoi beni vengono ceduti ai comuni, per cui il Villino Ada dopo essere stato per circa 40 anni struttura pubblica, ritorna privato, acquistato dalla famiglia Stefanelli a seguito di asta pubblica disposta dal Comune di Vergato. Qualcosa di simile a quanto sta succedendo per il “dispensario” messo all’asta in tempi recenti con risultati controversi.
Elementi decorativi riferibili allo stile Liberty si ritrovano in verità anche in altri edifici costruiti in Vergato nei primi decenni del ‘900, evidentemente influenzati dai nuovi criteri costruttivi e compositivi utilizzati nelle quattro ville, come il palazzo del Credito Romagnolo, la Cassa di Risparmio, la Casa dei ferrovieri, le palazzine Predieri e Carboni all’ingresso nord del paese come si evince dalle foto (11-12 -13 -14 -15).
Foto 12. Il palazzo del Credito Romagnolo, nato all’inizio del secolo come Albergo della pace. Archivio Amleto Gardenghi
Foto 13. Il palazzo della cassa di Risparmio di Vergato. Archivio Amleto Gardenghi
Foto 14. La casa dei ferrovieri di fronte alla stazione. Archivio Alfonso Ferri
Foto 15. La palazzina Carboni di fronte alla palazzina Predieri di Foto 11, una di fronte all’altra all’ingresso nord del paese. Archivio Alfonso Ferri
21 Novembre 2015, Vergato – Enrico Carboni