Franco Corradini – Caro don Silvano, amici di Vergato…

images2016/01/10, Vergato – La lettera di Franco Corradini, l’artista autore delle  cinque vetrate della parte anteriori della chiesa di Vergato, (vedi la pubblicazione precedente), questa lettera è tratta dal programma settimanale della parrocchia.

Caro don Silvano, amici di Vergato,

sono felice di aver lavorato per la vostra chiesa. Ho trovato da voi un’accoglienza spontanea e lo spirito di confronto che ha portato a realizzare un’opera condivisa. I temi destinati alla facciata erano bellissimi e altamente simbolici, e dunque chiamavano a un ulteriore approfondimento del mistero in essi contenuto.

VN24_G Pederzani_Alpini-2014-078Compito dell’arte sacra non è infatti quella di raccontare storie più o meno figurative e divulgative, ma è il tentativo di aprire un varco, anche piccolo, nel mistero che ci circonda e ci accompagna. Rendere visibile l’invisibile. Il Sinai è luogo sacro, perché Dio dà un appuntamento all’uomo. La nostra chiesa è sacra perché è la pietra di Giacobbe, e soprattutto il luogo del Corpo eucaristico. Il tempio instaura, fra Dio e il suo popolo, un dialogo, che non deve mai essere balbettio; l’arte sacra deve essere dunque una voce nuova, mattutina, interrogativa, fedele. Essa non deve mai essere qualcosa di già visto, o sentito, ma creare stupore e domande, essere un amo che si aggancia al nostro cuore e ai nostri pensieri e li attrae verso l’alto. L’arte sacra deve scavare il cielo.

Qual è dunque il senso delle vetrate? Esse esistono solo per il loro valore spirituale : sono scritture divine che riversano lo splendore del vero sole, cioè Dio, nella chiesa, ossia nel cuore della comunità, per illuminarla e parlarle con il loro particolare linguaggio.

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Nella vetrata tutto lampeggia e tutto accenna, canta e riscalda in una sonorità silenziosa. Riscalda ?

Chagall diceva: ” la vetrata è il colore al massimo della sua incandescenza” .

Ciò che sulla terra era solo pigmento, è glorificato contro il cielo per mezzo della trasparenza. Per farsi intendere.

Lo spirito vuole servirsi di questa luce che lui stesso è, per rendere le tenebre smaglianti. La vetrata è inno alla vocazione verticale, è un invito dall’alto.

Di Chartres fu scritto: “ E’ un fiorame di vetro, un milione di voci senza suono, un formicolio di braci e pensieri, una congiura di colori”. “E’ puro frumento di luce, è nutritivo”

Ecco dunque cosa sono le vetrate: sono la parola-luce dei molteplici colori dell’amore di Dio, che ci interpellano incessantemente e liberamente. Come potrebbero queste finestre sfuggire a un significato spirituale? Sono la stessa apertura che Dio comanda a Noè di praticare alla sommità della sua barca. Sono i varchi che nel Cantico dei Cantici permettono all’amante divino di assediare il cuore dell’amata.

Questa cortina di vetro ha valore più come messaggio simultaneo che come racconto. Infatti, noi non riusciamo a leggere le storie delle vetrate che si trovano altissime nelle cattedrali, pur essendo ricche di figure. Ma ci raggiunge la loro armonia, ci trapassa la loro bellezza.

Le nostre vetrate sono caratterizzate dai simboli. Ciascuna ha un colore dominante, simbolo e parte della creazione: quando Dio pronunciò la sua prima parola, nacquero loro, i colori. Queste vetrate vogliono interrogarci con la luce scandita nelle loro sillabe colorate. Vorrei aver fatto delle vetrate che potessero toccare anche quelli che vedono poco e li raggiungessero con le loro trafitture ( e anche quelli che ci vedono bene, ancor più difficili da convincere). Perché le figure rischiano di calamitare su di sé il senso, e impedire che si guardi oltre, in alto, alla sorgente della luce che vuole parlarci, farci capire che siamo visitati da uno molto grande.

Non ci sarà mai un giorno in cui le vetrate si presenteranno al nostro sguardo come la volta precedente: saranno cambiati il cielo, le nuvole, l’ora, la stagione, l’asse terrestre. Vorranno dirci una cosa nuova, saranno diverse, così come siamo cambiati noi. Guardiamole sempre, non una volta soltanto.

Non possiamo dimenticare la sorellina gemella della luce: la penombra. Conquistarla nello spazio sacro significa dare senso all’intimità del luogo, perché è in rapporto con l’ombra che l’originario fulgore divino della luce diventa apprezzabile e sostenibile. Nella penombra la luce giunge come un dono. La penombra esalta il carattere promettente del venire alla luce, amministra la trascendenza del mistero.

E’ Natale, e nessuna luce ci può essere data senza quella notte. “Avete occhi buoni, voi pastori, se la luce non vi ha accecati”, scriveva Max Jacob. Ecco, anche noi dovremo indossare gli occhi buoni, strapparci quelli vecchi come Santa Lucia, che da sé sola si diede il martirio per resistere alla violenza.

Il vetro è soffio solidificato e riveste dunque un significato simbolico analogo al respiro dell’uomo. La vetrata è l’accumulo di un’infinità di avvenimenti, grandi o impercettibili, che prendono un tempo lunghissimo ed esigono calma e inquietudine. Essa non riguarda il sentimentale, non dà risposte graziose e rassicuranti, ma quelle che mettono il dito nella piaga, che non tranquillizzano ma attaccano le ruggini. Un’arte cioè che desideri essere una sofferta bellezza, una forza; e dunque sia coraggiosa e segno del nostro tempo. La bellezza non è in se stessa confortevole e gratificante: contiene, oltre a qualcosa di infinito, anche uria domanda per ogni singolo uomo. La bellezza è la forma che l’amore dona alle cose.

La sera, la vetrata si spegne, cede i suoi colori alle tenebre. Si arrende, è creatura. Ma resiste nella notte, non ha paura che la luce non possa più tornare. Domani, con la nuova aurora, la luce ritornerà con la sua struggente bellezza; sarà come la prima volta: una luce per tutti.

Abbandoniamoci ai colori, il nostro silenzio si intoni al loro silenzio incandescente; la nostra voce non sarà necessaria, perché la luce sa ciò che non sanno le parole.

Un abbraccio a voi tutti, e arrivederci Franco Corradini

 

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