Eremo del vuoto (Ripoli), 4 aprile 2020 – Salute a te!
2020/04/08, Ripoli – San Benedetto V. di S. – Un messaggio che ci arriva dagli eremiti dell’Eremo del vuoto (Santuario di Serra – Ripoli), 4 aprile 2020.
Pubblichiamo la prima parte, quella di don Luigi Arnaboldi già parroco a Pioppe, Carbona, Marano, Camugnano… a seguire Antonella Lumini, un’eremita metropolitana, o come lei preferisce autopresentarsi ‘una semplice battezzata custode del silenzio’.
Salute a te!
Non avrei mai pensato di dover iniziare a scriverti con questo saluto, che vuole esprimere la speranza che tu e i tuoi familiari e amici siate in ‘salute’, ma la drammatica crisi sanitaria del Covid19, eccezionale quanto pervasiva, l’impone. Il cuore mi porta subito a ricordare chi ha subìto, o purtroppo subirà, le conseguenze di questa pandemia: i morti e i malati con le loro famiglie, tutti quanti sono colpiti dalla conseguente crisi economica, ricordando soprattutto i più deboli che pagheranno ancora una volta il prezzo più caro, specialmente in quelle parti del mondo che sono meno attrezzate per far fronte a questa emergenza. Il cuore si fa poi pieno di gratitudine per tutti coloro che sono oggi più esposti al rischio di contagio per il loro servizio di prendersi cura delle persone colpite dal virus o dei più fragili, personale sanitario e sociale, senza dimenticare anche chi garantisce i servizi di prima necessità.
Tra i destinatari di questo testo c’è qualcuno di loro, e così, anche a nome di tutti voi, trasmetto loro un cordiale GRAZIE! Penso che ho da permettere che questa sofferenza ferisca il mio cuore perché il dolore dell’altro mi penetri in modo reale. Penso che sono poi chiamato anche a entrare in profondo contatto con le mie paure, e con quelle di tutti noi. Ero troppo sicuro, soprattutto come occidentale, di essere immune da un tal senso di insicurezza. Invece mi sono state ricordate le mie fragilità fisiche, psichiche e spirituali che mi hanno messo a nudo duramente. Come essere umano sono vulnerabile, limitato. Sono così chiamato a riconciliarmi con la mia umanità che, come dice la parola stessa, mi ricorda l’humus, la terra, da cui sono tratto. Questa origine dovrebbe pertanto generare in me humilitas, umiltà –che deriva dalla parola humus- che dovrebbe così diventare la caratteristica più propria dell’essere umano. Ma è giustappunto questa coscienza del nostro limite di creature che oggi più che mai va accolto, onorato e amato. Solo a partire dall’accettazione di me stesso, così come sono stato creato, potrò iniziare percorsi di rinascita.
Il Covid-19 che ci ha colpito, come sappiamo, non è un flagello dell’ira divina, ma è un segno da leggere con umiltà, e quindi chiama al discernimento. Non sarà la consueta azione solo umana di conoscenza, utilizzando varie tecniche interpretative, perché il ‘discernimento spirituale’ (1Cor 12,10) è la capacità di ascoltare lo Spirito di Dio che parla nel cuore (cf. 1Gv 2,20.27) e che, per grazia, genera una conoscenza proveniente da una luce interiore ispirata dalla Parola di Dio.
Ho da avere il coraggio di iniziare un cammino di ascolto dello Spirito per lasciarmi raggiungere da quei messaggi che già mi stanno attendendo. Ci sarà bisogno di tanto profondo silenzio per conoscere la realtà per quella che è veramente e non per cercare, invece, conferme circa la mia idea della realtà. Dovrò fare del vuoto per lasciare spazio alla verità perché, finché sarò pieno delle mie verità, non ci sarà la capacità, lo spazio necessario per accogliere la Verità, seppur sempre in minimi frammenti. E così saprò poi fare la volontà di Dio che non si realizza negli eventi che accadono ma nel modo in cui io saprò viverli.
Per incentivare questo percorso di discernimento, allego uno scritto di Antonella Lumini, un’eremita metropolitana, o come lei preferisce autopresentarsi ‘una semplice battezzata custode del silenzio’, che ho recentemente incontrato nel suo appartamento-eremo nella città di Firenze. Troverai il testo, che è poi stato pubblicato sull’Osservatore Romano il 21 marzo col titolo La virata necessaria, come Allegato n. 1 (che trovi in fondo a questo testo). Avevo già pianificato un incontro da lei guidato qui all’Eremo del vuoto a fine giugno ma, come ormai tutti noi siamo convinti, e come la stessa Lumini rimarca, dopo questa pandemia “niente sarà più come prima”, quindi sarà necessario operare un discernimento per capire come porsi nel mutato contesto che ci sta attendendo.
Ci sta davanti un lungo e lento cammino. È la lentezza naturale di ogni faticoso apprendimento che stride con la velocità che invece noi abbiamo imposto al nostro vivere, che è anche tra le cause della pandemia in atto. Al momento non sono in situazione per intravedere con chiarezza tutte le direzioni di questo percorso, tanto sono vicino all’evento e ne sono emotivamente coinvolto.
L’atteggiamento che mi prefiggo di assumere è allora quello della sospensione del giudizio. Questo fondamentale approccio, elaborato già dalla filosofia greca nel II secolo, codificato col termine greco epochè, suggerisce che è meglio tacere piuttosto che dare un giudizio su di un evento quando non si sia in possesso di tutti gli elementi. Sono stato raggiunto da tante informazioni, le più disparate, ma gli scienziati stessi ammettono di non essere in grado sul momento di fornirci dati certi. In questa situazione in cui si ‘naviga a vista’ penso, per me, che sia più saggio ‘sospendere il giudizio’, e nel frattempo impegnarmi per aiutare me stesso e gli altri, per quel poco che ne sono capace, per attraversare il più serenamente possibile questa surreale situazione che stiamo vivendo. Il Dalai Lama, principale guida spirituale del buddhismo tibetano, nel suo messaggio per la pandemia in corso, ricorda un antico detto di saggezza: “Se c’è qualcosa da fare, fatelo, senza bisogno di preoccuparvi; se non c’è niente da fare, preoccuparsi ulteriormente non sarà d’aiuto.” Comunque già sin d’ora tutti noi ci stiamo documentando.
Tra l’altro, mi permetto di segnalare il libro di E. Perucchietti – L. D’Auria, Coronavirus. Il nemico invisibile, che passa in rassegna le varie discordanti ipotesi in circolazione. Ma soprattutto il testo di David Quammen, Spillover. È un libro del 2012 ma l’autore, constatando gli atteggiamenti umani in atto nel rapporto con la Natura, già allora prevedeva, perché lo presumevano i maggiori virologi che da decenni studiano i possibili agenti di pandemie, che lo scoppio di una pandemia mondiale era prima o poi inevitabile. Su tale questione si può leggere anche l’intervista a Nicoletta Dentico, responsabile del programma Salute Globale della SID (Society for the International Development), pubblicata da Famiglia cristiana col titolo: È la pandemia più annunciata della storia (per questo articolo vedi: https://www.famigliacristiana.it/articolo/e-la-pandemia-piu-annunciata-della-storia.aspx).
Questa crisi sanitaria coinvolge tutta l’umanità, quindi non è possibile rispondere individualmente. Semplicemente, da soli non abbiamo la forza di reggerne l’urto e le conseguenze. A una problematica comunitaria si può rispondere solo comunitariamente. È una scelta obbligata di prudenza, di consolazione, di sopravvivenza. Anche nel nostro piccolo all’Eremo del vuoto inizieremo un cammino di discernimento comunitario e ci aiuteremo gli uni gli altri a essere silenzio per fare quel vuoto che ci renda capaci di accogliere quanto già ci sta aspettando. Viviamo oggi nella paura. Un sentimento causato dall’attuale pandemia ma che ha trovato terreno fertile perché questi ultimi decenni l’hanno alimentato sempre più. Una paura dovuta “all’indebolimento dei legami, allo sgretolamento delle comunità, alla sostituzione della solidarietà umana con la competizione” (Z. Bauman). Papa Francesco nella sua preghiera ‘In tempo di epidemia’ del 27 marzo, in una Piazza S. Pietro deserta, ci ha consegnato l’episodio della ‘tempesta sedata’ che fa risuonare le domande di Gesù ai discepoli impauriti perché la barca sta quasi per affondare, “Perché avete paura?
Non avete ancora fede?” (Mc 4,40), che, tra l’altro, ha così commentato: “Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.” Siamo dunque chiamati a stare in questo nostro oggi pauroso e precario invocando l’aiuto divino con spirito di fede. Gesù, il Signore, sta con noi sulla barca e ci rivela non solo un ‘Dio-connoi’, l’Emmanuele, ma soprattutto un ‘Dio-per-noi’ (Rm 8,31). Un Dio, quindi, che non soltanto sta ‘al fianco di’, ma è ‘a favore di’. Ma anche ora tocchiamo con mano che “noi abbiamo tonnellate di religione, ma non abbiamo un granello di fede” (E. Balducci).
Eugenio Montale conclude la sua poesia Prima del viaggio, dove descrive tutti i preparativi che solitamente mettiamo in campo prima di partire, con queste parole: “Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono che è una stoltezza dirselo.” Un imprevisto ha cambiato il programma delle nostre vite programmate, ha generato paure dimenticate o furbescamente rimosse, ma potrebbe essere l’occasione per far nascere nuove speranze, nuovi cammini ieri impensabili. Un futuro nuovo potrebbe essere sognato, come ha osato sperare il Segretario delle Nazioni Unite, António Guterres, col suo appello per la cessazione di tutte le guerre in atto (vedi Allegato n. 2). Non è questo il momento per aggiornarti su possibili proposte di attività qua all’Eremo per i mesi a venire.
Mi preme comunque informarti che molto è ‘in cantiere’ e che in questo periodo alcuni di noi hanno continuato comunitariamente l’esperienza della meditazione silenziosa. Abbiamo deciso di meditare assieme ogni lunedì a partire dalle ore 21, pur restando ognuno nelle proprie case. È un piccolo segno ma può essere d’aiuto sentire che altri con noi entrano nel silenzio, e così in qualche modo ci sono vicini nelle nostre ansie e speranze. Anche tu potresti unirti, se lo desideri. Informo, inoltre, che il gruppo della Meditazione Cristiana di Bologna realizza ogni lunedì, per tutto il periodo in cui continueranno le restrizioni in atto, anche un collegamento in streaming. (Se fossi interessato, contattami per ulteriori informazioni.) Sono tempi difficili da ‘portare’ ma anche da capire, per cui per il momento forse è più opportuno sospendere il giudizio.
Ma può essere un tempo che, attraverso il discernimento, ci regalerà nuove sofferte acquisizioni. L’Eremo del vuoto vuole proporsi, ora più che mai, come esperienza che può aiutare ognuno di noi in questo cammino, ma soprattutto non vuole lasciarti solo nel tuo camminare perché c’è chi sta camminando assieme a te con fede, seppur piccina, nel ‘Dioper-noi’ per ricercare, anche comunitariamente, quanto già ci sta attendendo. Pur nel permanere della notte oscura, pur continuando a gridare come i discepoli sulla barca nel mare in tempesta, “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (Mc 4,38), siamo chiamati a continuare il nostro cammino senza farci rubare la speranza. Ci sarà molto da lavorare: io ci sono e voglio sperare che ci sarai anche tu. Ti ringrazio per la paziente attenzione donatami, e ti auguro una nuova Pasqua di risurrezione con queste parole di d. Luigi Verdi:
Risorgi, ora che la paura domina la speranza.
Risorgi e donaci parole coraggiose e spighe di calore, affinché questa generazione spezzi le catene.
Risorgi e donaci pace nei cuori non più abitati dalla gioia, tu che ci accogli senza soffocare il nostro grido.
Risorgi e donaci la pazienza, unica cura, quando il male è scaltro.
Risorgi e donaci occhi lacrimanti di stupore.
Risorgi, silenzioso, a riempire le case di luce.
Sempre ricordandoti nella mia preghiera quotidiana qui all’Eremo, un caro abbraccio.
A presto, Luigi Eremo del vuoto (Ripoli), 4 aprile 2020.