Rita Ciampichetti – I fiori della primavera: la violetta e Primo Stefanelli detto “il Mercantone”
2022/03/12, Vergato – Scrive Rita Ciampichetti;
Penso che il periodo che stiamo vivendo sia quello più difficile da affrontare psicologicamente negli ultimi settanta anni.
Siamo tutti fortemente preoccupati per la paura direi atavica di una guerra ora a noi troppo vicina e ci sentiamo solidali con tutti coloro che, senza alcuna colpa, stanno soffrendo e subendo le conseguenze di azioni violente non volute. In questo periodo così oscuro però sento la necessità, anche solo per qualche istante, di sgomberare la mente da così tanta negatività sostituendola con un pensiero sereno suscitato dalle piccole bellezze che, nonostante tutto, stanno sbocciando attorno a noi in questi giorni perché riesce a darmi la forza di continuare a sperare in tempi futuri migliori.
Dopo il post sugli “Occhi della Madonna” eccovi quello su un altro splendido fiore della Primavera, lo condivido con voi augurandomi che porti lo stesso positivo effetto anche solo per il breve tempo di lettura.
I fiori della primavera: la violetta
Quando ero bambina una consuetudine che forse è andata smarrita era quella di andare nei primi giorni di inizio Primavera per i prati e nei rivali a raccogliere le violette e solitamente, dopo avere composto dei graziosi mazzetti, ne facevamo dono alla mamma, alla nonna e portavamo quello più bello a scuola per la maestra.
Il mazzolino di violette, immerso nell’acqua in un vasetto, veniva collocato nell’angolino della severa cattedra di legno che sopra la predella dominava dall’alto le file sottostante dei banchi e ingentiliva in quei giorni la rigorosa atmosfera dell’aula.
Già… perché a quei tempi il comportamento da tenere in classe era improntato all’ordine e al silenzio, si stava seduti, con le braccia conserte se non si era impegnati a scrivere o a leggere, non ci si spostava dal proprio posto o si usciva dalla stanza senza chiedere il permesso, se entrava qualcuno nell’aula tutta la classe si alzava in piedi salutando rispettosamente e nonostante tutto ciò siamo sopravvissuti e ci siamo comunque anche divertiti.
Torniamo però alle nostre violette, fiori della Primavera per eccellenza.
Parliamo di quella piccola pianta erbacea perenne che in questi giorni ai primi tepori fiorisce in modo discreto nei punti più soleggiati, al riparo di siepi e di alberi, in mezzo ai prati e nelle aiuole ancora spoglie del giardino e che è chiamata Viola mammola o Viola odorosa. Il suo fiore, delicato e profumatissimo, ha un colore bellissimo che può virare dal viola intenso, al lilla, all’azzurro. Nel prato della casa che abbiamo a Casigno c’è una costa dove fioriscono una varietà di viole completamente bianche.
Una volta il sostantivo mammola o mammolo indicava i bambini che dovevano ancora essere svezzati ed è forse per questo che la viola viene definita mammola per indicare il senso di fragilità, timidezza che ha sempre ispirato.
La viola è sempre stata identificata come fiore della modestia probabilmente perché si nasconde nei posti più riparati e cela la sua bellezza e soprattutto il suo particolare profumo all’interno di una graziosa piantina che ha le foglie a forma di cuore.
Pur se identificata con la virtù della modestia la viola però può vantare un curriculum di tutto rispetto.
Sapevate che questo piccolo fiore era l’emblema della più importante città dell’antica Grecia, Atene?
Infatti si racconta che quando le ninfe acquatiche accolsero Ion, il leggendario fondatore di Atene, in segno di buon augurio gli donarono delle viole e da allora in ogni casa di Atene, sugli altari dei templi o durante le cerimonie c’erano questi fiori.
I greci usavano le viole a scopo calmante per favorire il sonno e per sedare la rabbia.
Invece gli antichi romani, evidentemente più gaudenti, le utilizzavano per prevenire l’ubriachezza e quindi spargevano le viole sui tavoli dei banchetti, indossavano ghirlande di violette per diminuire gli effetti della sbornia e producevano con questi fiori un vino che bevevano dopo avere alzato troppo il gomito.
Plinio nei scritti pervenuti a noi ha descritto le proprietà medicinali delle viole indicate per i disturbi della gotta e della milza.
Gli antichi persiani invece utilizzavano la viola per guarire il cuore e la testa e una infusione di violette in acqua calda aiutava a calmare un cuore spezzato.
Forse è per le foglie a forma di cuore che anche nel medioevo si credeva che le viole servissero a combattere le malattie cardiache e a partire dal XVI secolo, la violetta veniva utilizzata come antidolorifico, poiché era tra le poche piante a contenere l’acido salicilico.
Nell’arte cristiana, la viola simboleggia l’umiltà della Vergine Maria. Un antico racconto afferma che le viole fossero in principio di colore bianco, fino a quando diventarono di colore viola in segno di lutto vedendo Maria disperarsi di dolore nel guardare il proprio figlio soffrire sulla croce e nelle cerimonie del Venerdì Santo spesso venivano utilizzati questi umili fiori.
Le leggende sulla viola ce ne sono veramente tante provenienti da quasi tutte le epoche storiche, perché probabilmente questo piccolo fiore ha il potere di affascinare l’essere umano fin dall’alba della storia.
Per esempio nella mitologia greca si narra che quel gran filibustiere di Zeus si innamorò pazzamente di una ninfa, divinità minore legata alla natura, di nome Io.
Come qualsiasi marito di ogni epoca anche il nostro dio pensò bene di nascondere l’amante a sua moglie, la gelosissima Era e trasformò Io in una mucca bianca.
Io però piangeva, non perché trasformata in mucca, ma perché non sopportava di nutrirsi di comune erba come un bovino qualsiasi essendo abituata a ben altro cibo. Zeus allora trasformò le lacrime dell’amata ninfa in profumate violette e solo a lei fu concesso di cibarsene.
Invece una bella leggenda inglese narra che il Re Frost viveva nel suo enorme palazzo di ghiaccio dove tutto era congelato e senza vita. Un giorno sentendo più del solito la solitudine mandò i suoi cortigiani in giro per il mondo alla ricerca di una ragazza che fosse in grado di sciogliere dal freddo il suo cuore e renderlo così più felice. Gira, gira finalmente i cortigiano trovarono in una lontana terra con la temperatura più mite una ragazza vergine e molto timida di nome Violet che condussero dal Re.
il Re Frost appena la vide si innamorò perdutamente di lei e grazie alla gentilezza e alle buone maniere di Violet il suo carattere severo e autoritario si trasformò diventando più gentile e caloroso. Arrivò addirittura a promettere al suo popolo che gli inverni lunghi e freddi del suo regno sarebbero diventati più caldi per la metà di ogni anno. Violet però soffriva di nostalgia ed un giorno implorò il re di lasciarla tornare a casa per poter rivedere la sua gente. Re Frost era talmente innamorato di lei che acconsentì, però ad un solo patto: Violet poteva lasciare il regno e fare ritorno alla sua terra solo durante la primavera sotto forma di fiore per ritornare poi da Re Frost nel periodo più gelido dell’anno.
Da un punto di vista medicinale il fiore della viola mammola ha un elevato contenuto di mucillagini, saponine, carotenoidi, tannini e flavonoidi e perciò possiede proprietà diuretiche, lassative, espettoranti e antinfiammatorie.
E’ quindi utile come blando lassativo, depura l’organismo e favorisce il drenaggio dei liquidi, in caso di raffreddore o tosse secca aiuta svolgendo funzioni espettoranti, è un calmante efficace anche per la tosse stizzosa del fumatore, lenisce lievi scottature o irritazioni cutanee.
Quindi i fiori essiccati della violetta vengono utilizzati in erboristeria sia per la preparazione di tisane ed infusi ad uso interno per alleviare i sintomi da raffreddamento sia per impacchi ad uso esterno per la cura di ferite, abrasioni e ragadi.
I fiori e le foglie della viola mammola sono ovviamente commestibili e possono essere utilizzate, misti ad altre verdure, sia in insalata che come verdura cotta. Attenzione però perché consumata in grandi quantità ha un effetto purgativo!
Dai petali della viola si ricava un olio utilizzato nell’industria dei profumi. Ricordo ancora la bottiglietta di violetta di Parma con attaccato sotto il tappo un nastrino viola sulla toeletta della mamma nella vecchia camera da letto.
C’è anche un piccolo aneddoto di storia vergatese che riguarda la viola.
Dovete sapere che mio suocero Gino, classe 1908, mi raccontava sempre che alle elementari andava a scuola con Primo Stefanelli, il conosciutissimo “Mercantone”. Si ricordava che in questo periodo primaverile Primo prendeva delle gran sgridate dal maestro perchè tutti i giorni arrivava in ritardissimo. Infatti lungo la strada si fermava a raccogliere le viole, ne faceva tanti mazzolini e poi andava in giro in giro per i negozi di Vergato a venderli. Alle quotidiane severe sgridate del maestro rispondeva facendo suonare i soldini che aveva in tasca. Mio suocero concludeva sempre dicendo: “L’ha prinzipià la só fortunna con al viol!”
Quindi se invece di portare un mazzolino di viole alla maestra preferite utilizzarle in cucina eccovi due ricette.
La prima utilizza i fiori secchi della viola per preparare una tisana che è un ottimo rimedio contro la tosse del fumatore.
E’ molto semplice: mettete in infusione per 10 minuti 1 cucchiaino di fiori essiccati di viola in una tazza di acqua bollente, poi filtrate ed addolcite con miele. Lasciate intiepidire e bevetela a piccoli sorsi.
La seconda è riferita alla preparazione delle violette candite che sono ottime per essere servite a fine pranzo o per essere utilizzate come guarnizione di torte e dolcetti e il procedimento non è nemmeno troppo difficile.
Gli ingrediente sono una tazza di violette appena sbocciate possibilmente raccolte in luoghi distanti da fonti di inquinamento, acqua quanto basta, zucchero quanto basta ..purtroppo faccio parte di quel genere di “cuoche” che vanno molto ad occhio!
Lavate le viole con il gambo e stendetele su un canovaccio per asciugarle.
Mettete lo zucchero in un tegame con alcuni cucchiai di acqua e mescolate a fuoco dolce fino a quando lo zucchero ha raggiunto la temperatura di 200 gradi e quindi non deve caramellare, tuffate una per volta le vostre violette nello zucchero fuso tenendole per il gambo, rigiratele per bene e poi appoggiatele su un foglio di carta oleata per farle asciugare. Una volta asciugate tagliate il gambo ed eventualmente spolverizzatele con un po’ di zucchero a velo.
Allora via… approfittiamo delle giornate di bel tempo per una salutare passeggiata e “andare a viole”, tuffiamo il naso nel mazzolino che abbiamo raccolto, chiudiamo gli occhi e aspiriamo il dolce profumo di questo fiore per liberarci la mente dai tristi pensieri di questo periodo,
Rita Ciampichetti