Rita Ciampichetti – Va a prendere il latte…

2023/07/29, Vergato – Va a prendere il latte…..

“Fatti mandare dalla mamma, a prendere il latte”, è una famosissima canzone dell’anno 1963 lanciata dal nostranissimo Gianni Morandi che prende spunto da un’usanza molto comune a quel tempo.

Allora  era normale che ogni componente della famiglia desse il suo piccolo o grande contributo, secondo l’età, alla gestione della casa e quindi non era affatto scandaloso mandare i bambini a fare acquisti o farli correre a comprare all’ultimo minuto qualche prodotto scordato  nella spesa quotidiana.

A quei tempi, quando ero bambina, i frigoriferi non erano tanto diffusi e quindi  la spesa, specialmente con il caldo,  si faceva tutti i giorni per l’acquisto del pane, del latte, della frutta e verdura, della carne e  in casa si conservavano in dispensa solo le provviste di prodotti non deperibili quali zucchero, farina, olio, pasta e conserve.

Oggi grazie a frigoriferi e congelatori e considerato il  tempo a disposizione risicatissimo per  i tanti impegni di lavoro, la spesa si fa una volta alla settimana e la maggioranza delle famiglie privilegia ipermercati e discount.

Non parliamo delle motivazioni di sicurezza che fanno si che i bambini vengono sorvegliati a vista e nessuno si sogna più di lasciarli girare da soli, né tanto meno a mandarli a fare la spesa.

Negli anni ’60 invece scorrazzavamo liberi per il paese, perché la sorveglianza era assicurata dai paesani che, in caso di comportamenti scorretti, erano implicitamente autorizzati senz’altro a sgridarti se non addirittura a tirarti le orecchie.

Per chi avrà la pazienza di leggere, potrà seguirmi durante la missione speciale affidatami dalla mamma in una mattina di luglio del 1966. E’ un volo di ricordi, forse ormai anche un po’ sbiaditi, i Vergatesi doc sapranno correggermi se qualche informazione non è corretta.

Ho circa 9 anni, è estate e sono in vacanza.

Sto leggendo Topolino  in cucina quando la mamma mi chiama e dice “Rita, non posso muovermi di casa con tua sorella piccola, mi devi andare a fare un po’ di spesa …..” e da lì attacca a fare la lista di quello che occorre, la devo ascoltare attentamente e cercare di imprimere a fuoco in testa quello che dice, perché non è semplicemente “un etto di magro, un chilo di pesche, una pagnotta di pane….” NOOO! E’: “un etto di magro… ma mi raccomando che sia cartella e falla macinare due volte… il pane cotto in bianco e che le pesche non siano tutte dure, ma che ce ne sia qualcuna matura per oggi…”. Una tiri-tera infinita… sbuffo annuendo, prendo la sporta a rete blu e il borsellino quello con la chiusura clic-clac ed un unico scomparto e corro fuori sbattendo la porta.

Quando sono fuori, sul pianerottolo entro nella porta dell’appartamento a fianco, intanto c’è la chiave sulla porta, dove abita la mia amica Flaminia e le dico: “Flami vieni con me a fare la spesa?” e lei: “Sì, sì..” e l’Imelde, sua mamma: “Ormai che vai fuori compra il latte…” e le dà i soldi.

Corriamo giù per le scale e ci troviamo in Via Minghetti, le stesse case, anche oggi, nella parte iniziale, è rimasta uguale ad allora. Devo comprare la carne e quindi decidiamo di andare prima verso piazza dal macellaio preferito della mamma. Attraversiamo la Porrettana senza semafori e con poche macchine  davanti al palazzo del Credito Romagnolo, e intanto che camminiamo  sul marciapiede di sinistra diamo una sbirciatina nel negozio dell’Anita: sta misurando con un metro di legno, srotolandola da un’asse, della stoffa per una signora che davanti all’alto bancone di legno la palpa per verificarne la consistenza, l’odore di lana e  di tessuto esce fuori dalla porta tenuta aperta, salutiamo Renato Carboni, è in piedi sulla soglia del negozio d merceria, inappuntabile con camicia e cravatta, torneremo in ottobre a comprare quaderni e pennini, veloci oltrepassiamo la drogheria del nonno di Latte e passiamo davanti al negozio della Signora Stefanelli che è seduta in fondo al fresco e sta conversando con una amica che è andata a trovarla, poi la bottega di frutta e verdura  della Tiziana, quasi di fronte a Fabbri altro fruttivendolo- droghiere dall’altra parte della strada.

Entriamo nella macelleria e veniamo assalite dall’odore della carne cruda sprigionata da una mezzena appesa ad un grosso gancio che gocciola sangue su un mucchietto di segatura. Dietro all’alto  bancone in marmo ci sono i due fratelli Gasperi: Peppino con suo fratello il marito della Dina di Cavacchio e padre di Marino, compro il magro, pago alla Lisetta seduta compostissima alla cassa, ripongo il cartoccio giallo nella borsa e via. La Flami dice: “Moh invece di tornare indietro di qui, passiamo dalla piazza….”. Attraversiamo velocemente, passiamo davanti al negozio dei dischi, ci fermiamo a vedere le ultime copertine dei 45 giri attaccate ai vetri, al negozio della parrucchiera Silvana, che, all’interno  in grembiule rosa sta mettendo su i bigodini ad una Signora.

Seduti nei tavolini dei due bar storici, il Centrale ed il Pedrelli, ci sono gli abituali clienti che giocano a carte o chiacchierano, li oltrepassiamo annusando l’aroma del caffè che viene macinato.

Svoltiamo di corsa sotto al portico, la tabaccheria della Signora Vittoria, il forno di Lanzarini ci accompagna con il profumo del pane e dei dolci appena sfornati fino al negozio di scarpe di Aldino e a quello di un barbiere che sta sulla soglia con il camice bianco assieme a sua moglie, una signora  con i capelli raccolti a chignon. La Flami dice: “E’ Frullone, il barbiere di mio nonno Gigi… quando viene giù da Stanco va da lui a tagliarsi i capelli…” poi si batte la mano sulla fronte e dice: “Accidenti… mi stavo dimenticando il latte, devo andare dalla Marisa! Passiamo per la scorciatoia davanti al bar di Ciamone e torniamo dall’altra parte”.

Detto fatto, ritorniamo di corsa sulla Nazionale, attraversiamo di nuovo la strada, passiamo davanti ai bagni pubblici ed entriamo di corsa in latteria.

La Marisa e la Cesira stanno facendo il gelato.

Il mestolo sta rimestando la crema ed un delizioso odore ghiacciato di latte con un lieve aroma di limone si sprigiona dal cilindro di acciaio appannato. Che voglia……. si potrebbe scegliere tra ben quattro gusti disponibili: crema, panna, cioccolata e nocciola! Ma non abbiamo le 25 lire minime per l’acquisto di un cono. Sospirando usciamo.

“Flami… io devo finire ancora di fare la spesa….devo andare da Canarini”, passiamo allora davanti al bar Pincio dove una signora abbastanza anziana sta spazzando in mezzo a due tre tavolini in un cortilino piccolo, piccolo dove c’è anche l’entrata dell’agenzia ACI di Puzzarini.

Finalmente entriamo nella drogheria di Canarini: dietro al banco si danno da fare Quintilio con addosso un grembiule bianco e pettorina con scritto davanti Vegè e la matita dietro l’orecchio e sua moglie Berta in grembiule nero come i suoi capelli,  ci accolgono con un bel sorriso, dopotutto siamo amiche della loro figlia Betta. Quintilio sta parlando con un signore della prossima stagione di tartufi, la Berta invece sta servendo la Gina delle case popolari. Aspetto il mio turno, pane, forma grattugiata, un etto di mortadella e i formaggini per mia sorella piccola, Quintilio per quelle poche cose fa il conto a mente e non si scomoda nemmeno a levarsi la matita dall’orecchio.

“Flami ora devo andare a prendere le sigarette per la mamma dalla Maria di Pipana”.

Entriamo nella tabaccheria posizionata proprio all’incrocio Via Minghetti e la Porrettana, la Maria è seduta dietro al banco, una signora robusta e se la guardi da vicino ha anche un po’ di baffi, quasi niente però in confronto a quelli di suo  marito Mario, soprannominato Pipana, chiedo cinque nazionali esportazione con il filtro, me le mette dentro una bustina di carta piccola con fuori lo scudetto del Bologna, guardo nel borsellino e vedo che ci sono 10 lire, non resisto e le chiedo anche dieci  burdigoni di liquirizia che preleva da un grande vaso di vetro chiuso da un coperchio di alluminio.

Di fianco si sente il grande vociare degli avventori del bar Vergatese a cui  risponde, dall’altra parte di via Minghetti, quello del bar Canarini.

Quanti bar e osterie e negozi vari c’erano allora a Vergato? Drogherie, fruttivendoli, macellerie ognuno con la propria affezionata clientela che garantiva comunque la  sopravvivenza economica dei tanti esercizi, su ogni via i tendoni e le insegne rallegravano e animavano la vita paesana.

Passando davanti al negozio di frutta e verdura dell’Anna di Brascaglia compro gli odori e la frutta.  

Poi di volata a Casa Gentilini salendo le scale di corsa perché è tardissimo. Sul pianerottolo io e la Flami ci salutiamo velocemente “Ciao, ciao ci vediamo dopo pranzo giù in cortile che dobbiamo fare la guerra delle cerbottane contro  quelli delle case popolari”

Entro in casa: “Mammaaaa sono arrivata!” Mia mamma: “Te la dò io adesso! Si può sapere dove sei stata? Devo ancora mettere su il ragù” e intanto mi insegue attorno al tavolo della cucina…mi giustifico ”C’era una fila incredibile da Canarini… ed anche dal macellaio… “Sempre scuse …. e dov’è il resto?”

“Dentro al borsellino…Ah! Mancano 10 lire perché ho preso i burdigoni!”, scanso con abilità una ciabatta volante e vado in camera a riprendere la lettura di Topolino, aspettando che passi la bufera e mi chiami per apparecchiare la tavola.

Rita Ciampichetti 2023