Rita Ciampichetti – La Brigida, cap.22: “Seeee mama… in vatta a la lona! Adèsa po’ a sî esagerè!”
2024/10/07, Vergato – Rita Ciampichetti – La Brigida – Vicende di una famiglia dell’Appennino Bolognese e non solo: Capitolo 22 – La Chicca e la luna
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Capitolo 22; La Chicca e la luna
Un bel giorno al podere dei Veggetti si presentò con la doppietta in spalla Sandrén ‘d Roncfamon, conosciutissimo volparo della zona.
Dalla notte dei tempi la guerriglia di furbizie e sotterfugi tra l’uomo e questo selvatico canide è nota a tutti, in quanto il primo non sopporta le razzie ai pollai perpetrate dalla volpe la quale peraltro deve sopravvivere e provvedere alla crescita della prole ed è evidente che trova più appetitose le grasse e lente galline piuttosto che impegnarsi in estenuanti corse all’inseguimento delle lepri.
Nessuna volpe sfuggiva a Sandro che riusciva ad intrufolarsi persino dentro alla tana e ad acciuffarla per la folta coda, una volta catturata faceva il giro dei poderi con l’animale ucciso dove riconoscenti arzdore lo ricompensavano per il servizio svolto.
Si fermò nell’aia e salutando la Cesira che stava appunto spargendo granone agli animali del cortile le chiese se in quei giorni aveva avuto la sgradita incursione di una volpe nel pollaio.
La Cesira gli rispose: “Par grazia ed’ Dio no, ai vrév anc questa! Parchè?”
Sandro si levò un informe cappellaccio dalla testa e si asciugò il sudore dalla fronte con un fazzolettone dal dubbio colore e replicò: “In tott al cà atais aj è stà: dû pulaster al Pavvel, ‘na galenna al Macion, tri cunén a la Sera, l’è inpusébbil che què l’è brîśa vgnò!”
“Av dég ‘d no!” ribadì decisa la Cesira.
Nel mentre sopraggiunse Adolfo con la Brigida e informatosi del motivo della visita invitò Sandro ad entrare nel fresco della casa a bere un bicchiere di vino accertandosi prima che la doppietta fosse ben scarica.
L’uomo accettò più che volentieri da un lato per sottrarsi al gran caldo, dall’altro perché non era proprio capace di rinunciare ad un bicchiere di vino, magari anche due e se veniva il terzo ancora meglio.
Raccontò la vicenda strana di quella volpe che non riusciva ad acchiappare nonostante gli appostamenti..” Cla brótta schivåuṡa d’una bistiaza, se la ciâp a la magn con tótta la plezza!”.
Poi si congedò chiedendo per favore di avvertirlo subito se avevano novità.
Sandro alla cintura portava attaccata una coda di volpe e per tutto il tempo che fu in casa la Brigida la guardava con timore tenendosi aggrappata alle braghe del nonno.
Quando si trovarono soli nella stalla la Brigida disse ad Adolfo: “Uomo cattivo, ruba la coda alla Chicca!”, il nonno la guardò e le domandò: “Ma tu lo sai dov’è la Chicca?”, la Brigida fece sì con la testa, “Mi ci porti?”, la Brigida scosse la testa: “Ha paura…” “Ma io non voglio farle del male, diglielo, mi piacerebbe proprio vederla” insistette Adolfo.
Allora la Brigida prese per mano il nonno e lo portò al vecchio fienile, gli disse di aspettare giù mentre lei saliva una scaletta che portava nel sopralzo dove erano stivati vecchi ballini di paglia che non venivano più utilizzati e che erano tenuti contro la parete più per riparo che altro. Dopo un po’ Adolfo vide il visetto della nipote rispuntare da sopra e la manina che lo chiamava su, arrivato vide la Brigida accoccolata sulla paglia con vicino due volpacchiotti e poco distante il più bell’esemplare di volpe che Adolfo aveva mai visto che lo fissava spaventata e tesa con la grossa e folta coda rosso fulvo dalla punta bianca tenuta bassa tra le zampe posteriori.
Notò anche di lato un bel mucchietto di penne di vario colore, ma era troppo stupefatto per proferire parola. Dopo qualche minuto muovendosi con cautela a voce bassa chiese alla Brigida che accarezzava un volpacchiotto: “Da quanto tempo stanno qui?” “Boh li ho trovati un giorno che pioveva forte e li ho portati qui, poi è arrivata la Chicca a cercarli…carini anche se spussano” rispose la Brigida. “Lo sai che mangiano le galline?” disse il nonno, “Si, ma le mie cocche lei non le mangia… ha detto…” e spostò il ditino sulla volpe. “Possiamo tenerli nonno?” domandò.
Cosa dire ad una bambina con gli occhi imploranti?
“Brigida sono animali selvatici e liberi. Ancora per qualche giorno li possiamo nascondere, ma poi devono andare via, i volpacchiotti sono ormai grandi e sarebbe meglio che andassero a vivere nell’altra vallata lontano dalla doppietta e dalle tagliole di Sandro e sarebbe anche meglio che per qualche giorno la volpe non andasse a prendere le galline nei pollai dei dintorni, vedremo di portarle noi qualche avanzo, glielo puoi dire?”
Adolfo cautamente strisciò indietro fino alla scaletta e ridiscese, aspettò la Brigida che sorridendo gli disse che la Chicca aveva detto di sì e tornarono a casa. L’Elide li guardò e disse: “Sempre in giro voi due, chissà quanti segreti avete!” “..e già” rispose Adolfo e pensò: “Se al savessen fòra e in cà che Dolfo Veggetti arpiata e dà da magnèr a ‘na vaulp i dîrèn ca son màt cumpàgn a un s’dàz! ? Credevo di avere visto tutto fino ad oggi, cos’altro potrà sorprendermi?”
Dopo qualche giorno, come promesso alla Brigida, una notte la Chicca se ne andò con i suoi cuccioli, Adolfo provvide a far sparire dal fienile ogni traccia del suo soggiorno e la cosa finì lì.
Per loro…. ma il ricordo di quella volpe mai presa rimase sullo stomaco del buon Sandro di Roncofamone, noto volparo, come suo unico fallimento professionale. Nel racconto dei suoi ricordi non mancava mai di citare quell’episodio e di quanto tempo, impegno ed astuzie aveva messo in campo per cercare inutilmente il nascondiglio di quella malandrina che aveva fatto tante razzie nei pollai dei dintorni: ’’Na piò fàta putèna d’una bïstia.. quall c’an s’ capess l’è al fat che l’è andà dapartótt fòra ché dai Veggett! Al pôl èser parchè låur i én i cuntadén di prit. e sotta la prutèzion ‘d Dio! Par la Madona cusa vût ch’at dégga… un misteri!”
Un mistero che rimase tale e non fu certo mai svelato né da Adolfo né dalla Brigida in quella sorta di complicità che spesso si instaura tra nonni e nipoti.
Il buon Adolfo pensava di avere visto tutto, ma rimase molto perplesso quando nell’ottobre del 1957 venne data la notizia che la Russia aveva lanciato nello spazio un satellite artificiale chiamato Sputnik. Era iniziata la corsa alla conquista dello spazio da parte delle due super potenze mondiali: Russia e America, ma questa notizia aveva evidenziato al mondo la stupefacente superiorità missilistica dell’Unione Sovietica.
Il fatto che attorno alla Terra girava ogni 94 minuti un oggetto che da una radio trasmetteva un incessante bip bip seminava inquietudine. Cosa trasportava? Potevano esserci anche delle bombe atomiche, quando poi in novembre venne lanciato nello spazio lo Sputnik 2 con a bordo la cagnolina Laika, la notizia ebbe un impatto mondiale ancora più travolgente:
Nei Paesi occidentali si diffuse ben presto l’opinione che questo avvenimento aveva messo in discussione il prestigio mondiale dell’America in quegli anni più arretrata in campo spaziale e provocò nel mondo cattolico un effetto “apocalisse” supportato dai timori provocati dagli avvenimenti avvenuti l’anno prima a Suez, quando la Russia aveva minacciato Francia ed Inghilterra con i missili balistici nucleari e l’insurrezione in Ungheria soffocata nel sangue dai Russi.
Don Basilio obbedì ad ordini superiori e, come in altre centinaia di chiese italiane, programmò novene di preghiere, tridui, messe e processioni contro la “minaccia rossa” che questa volta proveniva addirittura dal cielo.
Amerigo di fronte a tanta preoccupazione fece una risata e disse: “Ma non sono mica matti! E’ finita una guerra mondiale da solo dieci anni e siamo ancora dietro a ricostruire, vedrete che troveranno un modo di vivere, sarà come una gara… una volta arriverà prima uno, un’altra volta quell’altro e così via…”
La Cesira osservò: “Purtrop invezi i én tòtt matt! Vût ch’a t al dégga cum al và a finîr? Al ciapèrà int al cûl i solit puvràtt cunpâgna nuèter. La Russia e l’America i an i bajoc par fèr quell chi volen! Se i an dezis d’andèr in vatta a la lona prémma o dåpp i arivarän d åura ed fèrel.”
“Seeee mama… in vatta a la lona! Adèsa po’ a sî esagerè!” la rimbeccò sghignazzando Berto ben lontano da potere immaginare quello che sarebbe successo negli anni seguenti, ma come tutti sanno cose che sembra irrealizzabili se non addirittura non immaginabili possono diventare a distanze di un decennio scontate e d’uso comune.
Gli avvenimenti di quegli anni facevano presagire i profondi cambiamenti in atto che avrebbero modificato in modo profondo gli stili di vita di quel piccolo mondo.
Quello che in seguito è stato identificato come “miracolo economico italiano” stava di fatto trasformando un Paese agricolo in una potenza industriale cambiando profondamente il modo di vivere, è vero… portava benessere, ma produceva anche grandi squilibri nell’assetto sociale e territoriale.
Un avvenimento che, a detta di alcuni, produsse un certo sconvolgimento nelle abitudini di non pochi italiani e che divenne oggetto di intense discussioni specie in ambito maschile avvenne in quel febbraio del 1958…..
….continua
Rita Ciampichetti, 2024
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