Don Giuseppe Ferretti – Dialoghi; Siracide Cap. 1 versetti 22 – 24. La collera ingiusta non si potrà scusare…
2020/01/21, Vergato – Terzo appuntamento con don Giuseppe Ferretti e il suo gruppo che si occupa di leggere e meditare la Sacra Scrittura in particolare il libro del SIRACIDE. Troppo lungo? Troppo difficile?
Il dott. don Francesco Degli Esposti, parroco a Lagaro, compagno di seminario di Don Giorgio Pederzini, studioso dei Sacri Testi, durante un’omelia vedendo i parrocchiani “disorientati” si fermò a puntualizzare;
Lo so che non capite quello che vi dico ma se uno solo di voi capisce l’uno per cento di quello che dico tutta la comunità cresce…
Riuscirà don Giuseppe a farci crescere?
Siracide CAP. 1 versetti 22 – 24 Martedì 06/09/2011
22La collera ingiusta non si potrà scusare,
il traboccare della sua passione sarà causa di rovina.
23Il paziente sopporta fino al momento giusto,
ma alla fine sgorgherà la sua gioia.
24Fino al momento opportuno terrà nascoste le sue parole
e le labbra di molti celebreranno la sua saggezza.
SIRACIDE
La collera ingiusta non si potrà scusare, il traboccare della sua passione sarà causa di rovina. Il paziente sopporta fino al momento giusto, ma alla fine sgorgherà la sua gioia. Fino al momento opportuno terrà nascoste le sue parole e le labbra di molti celebreranno la sua saggezza
Francesca: I versetti sono fondamentali perché segnano il passaggio dalla carne allo spirito. Il versetto 1 “La collera ingiusta non si potrà scusare” è un’opera della carne e si può vederla in Luca Cap 6, quando Gesù guarisce di sabato un uomo che aveva una mano inaridita, ma i farisei non comprendono e fuori di sé dalla collera si misero a discutere su quello che avrebbero fatto a Gesù. San Paolo (Galati, 5) mette in luce che la carne ha desideri contrari allo spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne. Queste cose si oppongono a vicenda. Infatti l’uomo non è capace , anche se lo desidera di liberarsi di sé stesso dal suo essere carnale, peccatore. Soltanto l’intervento dello Spirito permette all’uomo di compiere la sua vocazione in Cristo Gesù. Sempre in Galati 5 San Paolo elenca le opere della carne (le passioni) e conclude dicendo: “riguardo a queste cose vi preavviso come ha già detto che chi le compie non erediterà il Regno di Dio”. (V. 23, 24) Pazienza e desiderio di sé sono frutto dello Spirito Santo spirituali. San Paolo alle opere della carne sempre (Galati 5) oppone il frutto dello Spirito che è unico: l’amore legato a beni spirituali: gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé e, contro queste cose, non c’è legge. E S. Agostino dirà: “Ama e fa quello che vuoi”. Quelli che sono in Cristo Gesù hanno crocefisso la carne e le sue passioni. E Gesù dice: “Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua..
Raffaele: Più che una riflessione è una domanda che mi sollecita questo versetto, questo testo. La collera ingiusta non si potrà scusare, il traboccare della sua passione sarà causa di rovina L’ira porta alla rovina, ma se parla di collera ingiusta c’è una collera giusta? C’è un movimento interiore di collera che può risultare giusto? E’ l’uomo che può avere questo tipo di sentimento o esso non è proprio di Dio?
Paolo: Il versetto Il paziente sopporta fino al momento giusto, ma alla fine sgorgherà la sua gioia, significa essere pazienti nella persecuzione perché chi segue il Signore viene perseguito come Gesù dice. Chi vuol venire dietro di me prenda la sua croce e mi segua, però alla fine sfocerà nella gioia in quanto questa gioia sfocerà nel premio che il Signore donerà ai suoi eletti.
Don Giuseppe: La collera ingiusta non si potrà scusare e si può tradurre “non sarà giustificata” il traboccare della sua passione sarà causa di rovina per lui. Ecco la collera ingiusta e l’osservazione che si domanda c’è una collera giusta? E’ chiaro che in Dio c’è una collera giusta, che non è un movimento che altera la natura divina, ma esprime il suo giudizio imparziale. Nell’uomo ci può essere una collera giusta? Possiamo dire sì perché sta scritto “lo zelo per la tua casa mi ha divorato” e il Signore si adirò contro i mercanti nel tempio e si adirò anche contro i farisei, posti di fronte alle sue domande tacevano, li guardò con ira, dice il Vangelo di Marco, e c’è scritto nei Salmi “ adiratevi e non peccate”al Salmo 4. Quindi questa collera giusta nasce da una continua padronanza di sé ed è ripudio deciso del male. Quindi non si scaglia contro la persona, ma condanna con fermezza il male. Questo è la collera giusta, la collera ingiusta è quel movimento della passione che è irrazionale, sfugge alla ragione e al controllo di sé stessi. Quindi è un movimento profondo che i Greci avevano già individuato chiamandolo la IBRIS cioè questa forza istintiva, conservativa che parte dal nostro inconscio, quindi dalla radice dell’essere che ti porta a difenderti e a difendere chi ti è caro e ciò che ti è caro. Ora il Signore, in questo testo, ci dice: “Fai attenzione a quella collera che nasce dall’ingiustizia cioè in cui tu hai potere, sei sicuro di te e ti arrabbi. Prendiamo una persona che ha potere su un altro e approfitta della sua posizione per arrabbiarsi, per far sentire il suo dominio, per trovare gusto nel vedere l’altro soffrire e sentirlo impotente di fronte alla sua ira. Non potrà essere giustificata, anche se uno dice: “Ma io lo faccio per conservare il mio potere, perché se non mi arrabbio, non presento i denti, non faccio l’arrogante ecc, dopo l’altro se ne approfitta ecc”, essa non potrà essere giustificata. E questo passivo lo dobbiamo considerare, come lo chiamano gli esegeti, un passivo teologico, cioè il soggetto è Dio, Dio non giustifica l’ira ingiusta, quella che esprime violenza, sopraffazione, che esprime quel potere che caratterizza i rapporti. Nessuno può dire: “Sono fatto così”, né il marito può arrabbiarsi con la moglie e dire: “Sono fatto così”, né i genitori coi figli e viceversa dicendo: “Sono fatto così” perché esiste la possibilità d’incanalare il nostro istinto primario, che è come una polla d’acqua che sgorga, nei canali giusti in modo che diventi energia vera.
E’ chiaro? Cioè chi dice le cose con fermezza e con forza può sembrare adirato ed è anche adirato in modo giusto, ma non oserebbe mai fare del male a nessuno, questa è l’ira giusta; il genitore che si adira col figlio in modo giusto, fa bene perché incide nel figlio l’insegnamento con grande forza, incide con lettere di fuoco e il figlio se ne ricorderà, così nella Chiesa di Cristo va insegnato con forza l’insegnamento, ma mai usare mezzi di coercizione, mai la violenza per il bene, mai, Gesù non vuole, Gesù non ha colpito con la verga i mercanti del tempio, ha mostrato il flagello, ma nessuna schiena ha sentito i suoi flagelli, ha fatto vedere l’autorità divina, è bastato quello perché se ne andassero. E’ la forza dello Spirito l’ira giusta, invece l’ira ingiusta è il traboccare della sua passione e sarà causa di rovina per colui dal quale trabocca e anche per gli altri. Infatti chi può stare con un uomo iracondo? Lo si cerca di evitare perché basta che una parola non gli vada a genio che subito si accende un fuoco come un fiammifero in un esplosivo, così sarà causa di rovina. Perché sarà causa di rovina? Perché ricordiamoci che le passioni bruciano l’intelletto, la mente, tutte le passioni bruciano la mente, impediscono al pensiero di svilupparsi secondo le sue energie proprie e quindi colui che è soggetto all’ira non ragiona, difatti diciamo: “Sragioni”, perché i suoi pensieri sono bruciati, non è capace di articolarli perché il fuoco brucia il suo pensare e massimo della stoltezza, si crede più saggio di sette saggi (dice il libro dei Proverbi).
Il paziente, è di animo grande, dice letteralmente il testo ed è la prima caratteristica della carità nell’elenco che l’Apostolo ci fa al Cap. 13: La carità è paziente, magnanima, potremmo tradurre anche il magnanimo sopporta fino al momento giusto, potremmo tradurre (come ha tradotto dopo perché è la stessa parola) fino al momento opportuno. Qual è il momento opportuno? Il momento opportuno è quello in cui la situazione cambia e quindi egli può operare in quel momento di cambiamento. C’è un versetto bellissimo del Coele che dice: “Nel tempo della gioia sta nel bene, nel tempo della sofferenza, osserva, guarda”, questo è il paziente: guarda, sta attento, vede, quindi aspetta a muoversi, non si precipita, non vuole risolvere le situazioni immediatamente perché per tutto c’è un tempo, lo dice il saggio: c’è un tempo per nascere, un tempo per morire, un tempo per abbracciare, un tempo per astenersi dagli abbracci, un tempo per piantare, un tempo per sradicare il piantato quindi è l’attenzione ai tempi. Vedete qui bisogno che diventiamo intelligenti, i tempi odierni cambieranno, adesso ci vuole pazienza per il tempo della prova in cui siamo, ma il tempo opportuno verrà, ma alla fine sgorgherà la sua gioia l’autore sacro ha in mente la pianta. Guardate la pianta, d’inverno la pianta è battuta dal vento, dalle piogge, carica dalla neve. Guardavo l’olivo qui sotto, quando c’erano le nevicate d’inverno, lui è una pianta mediterranea che sopporta il peso di una nevicata così abbondante, eppure se l’è tutto sopportato, è commovente la pianta! Poi viene il tepore della primavera, le radici si muovono, la linfa parte in tutta la pianta ed esce e porta i suoi frutti. Chi ha sopportato nel momento della prova, è stato paziente, umile, ha camminato con Dio in quel momento , come il suo servo Giobbe che ha accettato tutte le prove come sfida del satana, interrogandosi profondamente sul loro significato e non trovava risposta ma non si ribellava a Dio; alla fine sgorgherà la sua gioia.
Quindi noi dobbiamo avere lo sguardo lungo, non corto, sapere che siamo piantagione di Dio, come dice l’Apostolo, ci sarà il momento in cui noi porteremo frutta abbondante, così è la Chiesa di Cristo. Vedete adesso quante prove l’attraversano: assediata all’esterno, umiliata all’interno, anche da noi suoi ministri, eppure questa pianta che la mano del Padre ha piantato, questa vigna che Egli ha piantato, rinvigorita porterà nuovi frutti abbondanti. Questo è lo sguardo che ha il paziente davanti a sé. Se uno non pensa a questo si scoraggia e dice: “è finita”; faccio come tutti perché devo mantenere puro il mio cuore dice il Salmo 72 “Invano dunque ho mantenuto puro il mio cuore” e Geremia dice come abbiamo letto due domeniche fa: “non penserò più a lui, basta, tu mi hai sedotto Signore, io mi sono lasciato sedurre”, mi hai ingannato in poche parole, hai cambiato i patti, non hai mantenuto la tua parola eppure dici è un fuoco dentro di me, la sua parola è fuoco, così per noi la vita è la vita, non si spegne in noi la vita, non è tolta, è trasformata, ci dice il prefazio dei defunti. Anche ai nostri morti non è tolta la vita, è trasformata. Quindi l’antica pianta porta vigore e fino al momento opportuno terrà nascoste le sue parole, non parla a vanvera spinto dalla situazione, dall’ira, come fanno i telegiornali che vanno alla caccia delle parole, dopo le disgrazie e vanno a fare questi primi piani di volti in pianto, sentire parole, che tristezza far parlare le persone in questo modo senza rispettare il silenzio in cui deve maturare una propria interiorità davanti alla situazione.
Oggi abbiamo bisogno di mettere subito tutto in piazza con rabbia, con sgomento, così e interviste su interviste, mai custodire un silenzio. Ecco invece l’uomo paziente tiene nascoste le sue parole fino al momento opportuno. C’è tempo per parlare, dice il Coele come c’è tempo per tacere e le labbra di molti celebreranno la sua saggezza perché le sue parole si sono decantate, non sono spumeggianti nell’emotività del momento, del sentire che poi passa, ma si sono decantate nel profondo, sono filtrate, purificate, la feccia è andata in fondo, il vino si fa limpido, buono, la parola del saggio è vino buono, che è gustoso perché nasce dalla profondità del suo spirito. Questo ci insegna il libro sacro: d’interporre tra la domanda che ci fa l’altro e la nostra risposta il silenzio, ed è interessante perché, se voi guardate, ci mangiamo la parola a vicenda, è difficile che lasciamo finire un altro di parlare, che facciamo la pausa di silenzio perché appena abbiamo capito quello che dice, subito vogliamo rispondere: siamo inquieti, agitati, lo mostriamo on gli occhi, con le mani, coi piedi, che è ora che finisca perché abbiamo già la risposta, oppure lo blocchiamo quando sta parlando e cominciamo a parlare noi salvo che arrivi un terzo e si gioca a strega tagliata: vi ricordate? Per cui ci s’interrompe sempre. Allora chi fa la voce più forte è sempre quello che ha ragione e il pensiero, il senno se ne è andato per conto suo, non esiste più tra gli uomini.
Allora, alla fine di un dibattito,quando ci si è sgolati e si è tutti stanchi si dice: “Che problema insolubile, però ne abbiamo parlato. Aggiorniamo la riunione e poi si fanno i capannelli fuori, si continua a parlare, ad aggredirsi a vicenda, perché dico così senza ascoltare l’altro, per aggredirlo con le nostre parole. Il paziente non è così, il paziente tace e dice la parola a tempo opportuno, aspetta il momento, non si inserisce con violenza e le labbra di molti celebreranno la sua saggezza perché è una parola che è passata attraverso il vaglio della riflessione, del silenzio, della meditazione e della considerazione delle cose da vagliare. Quindi già il testo, e concludo, ci ha insegnato: 1° che non serve ad arrabbiarsi in modo ingiusto: non è facendo la voce forte che abbiamo ragione, 2° che c’è un tempo buono che ci aspetta dopo il tempo cattivo, le stagioni ce lo insegnano così è la storia nostra, 3° educarci al silenzio e alla riflessione e non aggredendo gli altri mai, proprio ascoltarli e aspettare in silenzio un momento prima di rispondere, allora noi andremo avanti nella conoscenza della verità.
Prossima volta Martedì 20/09/2011 – SIRACIDE CAP 1 Versetti 25-30